“Ben venga il tour che il Ministro Orlando sta compiendo nelle capitali economiche e finanziarie per spiegare come la riforma della giustizia civile possa migliorare i rapporti tra le aziende, gli investitori e il sistema Paese. Ma agli operatori della giustizia in Italia non può sfuggire che tre decreti-legge in un anno non fanno la riforma della giustizia civile. Riformare è ripensare organicamente il sistema con l’intervento e il contributo di tutti gli operatori che vi operano all’interno, e non certo andare avanti a colpi di decretazione d’urgenza e a macchia di leopardo”.
Lo dichiara il segretario generale dell’Associazione Nazionale Forense Luigi Pansini.
“Purtroppo – continua Pansini – non convincono gli entusiasmi con cui il Ministro della Giustizia ha tracciato il bilancio di un anno di riforme nel settore civile. E riteniamo che vi sia uno sbilanciamento negativo, se al centro dell’attenzione del Ministro vi sono le aziende, gli investitori stranieri, le esigenze di bilancio, e non il cittadino e la certezza di un sistema che assicuri a tutti l’accesso alla giustizia e la tutela sostanziale dei diritti senza distinzioni. E l’effettiva tutela del credito, la sua concreta realizzazione in tempi rapidi, sono aspetti che interessano qualunque creditore e non soltanto le aziende e gli investitori stranieri”.
“Del resto – aggiunge Pansini – l’unico vero passo in avanti è costituito dal processo civile telematico, i cui risultati più che positivi sono il frutto del continuo dialogo e confronto tra Ministero, avvocati, magistrati e operatori amministrativi. Viceversa dove il dialogo e il confronto sono mancati, la decretazione di urgenza ha portato a delle modifiche confuse in tanti settore del civile, rendendo difficile la conoscibilità delle regole processuali di volta in volta applicabili.La strada da seguire è invece una riforma organica del processo, la previsione di uno o due riti, accompagnati da una riconsiderazione dei diritti giustiziabili, dal coordinamento con le norme in tema di processo telematico e da una mirata distribuzione di risorse umane e finanziarie”.
“Tutto questo per tenere la barra dritta sulla tutela sostanziale, e non economica, dei diritti” – conclude Pansini.