Le osservazioni di ANF al ddl “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”

Roma, 13 febbraio 2017
Camera dei Deputati
Commissione XI Lavoro
ROMA
AC 4135

Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato
(approvato in Senato il 3.11.2016, AS n. 2233)

Sotto il profilo della tecnica legislativa, l’Associazione Nazionale Forense stigmatizza il ricorso al disegno di legge al cui interno sono inserite numerose deleghe in favore del Governo, che, nel relativo esercizio, potrà sottrarsi al dibattito e alla discussione sulle singole disposizioni e non sarà soggetto ad alcun tipo di controllo o rispetto dei principi fissati nella delega.
Fatta questa doverosa premessa e passando all’analisi delle singole disposizioni, relativamente ad uno sguardo d’insieme e a possibili ricadute sulla professione forense, le osservazioni al presente disegno di legge (AC 4135) riguardano il Capo I sotto due diversi profili: il primo attiene gli artt. 1, 2, 3, 4, 7, 8, 9, 11, 12, 13 e 14, mentre il secondo attiene le deleghe al Governo previste dagli articoli 5, 6 e 10.
LE SINGOLE DISPOSIZIONI
Art. 1: ambito di applicazione.
La norma individua l’ambito di applicazione delle disposizioni contenute nel capo I del DDL.
In particolare, l’art. 1 ricomprende i rapporti di lavoro autonomo di cui agli artt. 2221 – 2237 c.c. e, tra questi, anche i lavoratori autonomi i cui rapporti di lavoro siano inquadrati in una delle tipologie contrattuali previsti dal libro IV del c.c. (art. 2222 c.c.)
Pertanto, per quel che riguarda la professione forense, non vi sarebbe motivo di escludere l’applicabilità delle disposizioni del DDL in commento alle professioni intellettuali, ancorché di matrice ordinistica, alla luce anche delle deleghe al Governo contenute negli articoli successivi e salvo quanto poi previsto dall’art. 2.
Art. 2: tutela del lavoratore autonomo nelle transazioni commerciali.
In merito alla disciplina dei pagamenti nelle transazioni commerciali, le disposizioni del decreto legislativo 9.10.2002, n. 231, trovano già applicazione alle transazioni commerciali in cui una delle parti sia un soggetto esercente un’attività economica organizzata o una libera professione (si veda l’art. 2, comma 1).
Dunque, l’estensione contenuta nel DDL è poco chiara in quanto sembra riprodurre quanto previsto nel richiamato decreto legislativo.
Maggiore spunto di riflessione merita invece la definizione di transazione commerciale contenuta nel d.lgs. 231/02 con l’applicabilità ai rapporti di lavoro autonomo così come definiti dal DDL AC 4135.
Infatti, il d.lgs. definisce transazioni commerciali quei “contratti comunque denominati che comportano la consegna di merci o la prestazione di servizi contro il pagamento del prezzo”.
La norma esclude chiaramente le prestazioni di opera intellettuale (ovvero quelle rese da un professionista). Pertanto, la previsione di cui all’articolo in esame, così come formulata, incontra un evidente limite di operatività per alcune tipologie contrattuali, a meno che non venga data per acquisita l’interpretazione dell’art. 2, comma 1, lett. a), del d.lgs. 231/2002 nel senso di definire transazioni commerciali contratti comunque denominati che comportano la consegna di merci o la prestazione d’opera o di servizi contro il pagamento del prezzo.
Art. 3: clausole e condotte abusive.
La disposizione considera abusive le clausole aventi ad oggetto la possibilità della modifica unilaterale del contratto da parte del committente, del recesso unilaterale del committente senza congruo preavviso (nei contratti aventi ad oggetto una prestazione continuativa) e della previsione di termini di pagamento superiori a sessanta giorni dalla data di ricevimento della fattura o della richiesta di pagamento.
Poco chiara è la nozione, in termini giuridici, di clausola abusiva, considerato che sia il codice del consumo che il d.lgs. 231/02 prevedono, simili clausole, la sanzione della nullità.
La norma poi non è chiara laddove considera abusivo il rifiuto del committente a stipulare un contratto scritto: evidentemente la ratio è di considerare obbligatoria la forma scritta. Se così fosse, sarebbe più opportuno formulare la norma con un’espressa previsione.
Art. 7: disposizioni fiscali e sociali.
Art. 8: deducibilità delle spese di formazione e accesso alla formazione permanente.
Certamente apprezzabili sono le disposizioni relative alla deducibilità delle spese alberghiere e di formazione ma è possibile migliorare ulteriormente il testo.
Art 11: informazioni e accesso agli appalti pubblici e ai bandi per l’assegnazione di incarichi e appalti privati.
Occorre chiarire la portata della normativa in più punti:
– comma 1°, la partecipazione dei lavoratori autonomi agli appalti pubblici.
Il codice degli appalti pubblici (art. 46) prevede, tra l’altro, già una specifica riserva per di servizi di architettura e ingegneria ad operatori economici esercenti una professione regolamentata. Pertanto opportuno sarebbe un approfondimento per le altre professioni intellettuali.
Inoltre occorre tenere presente il confine tra contratto d’opera intellettuale e il contratto d’appalto come da deliberazione n. 79 del 2015 Corte dei Conti, anche al fine di regolamentare la partecipazione dei professionisti agli appalti pubblici nonché la relativa disciplina dei criteri di selezione.
– comma 2: abrogazione art. 1 comma 821 l. 208/2015.
Non è chiaro se via sia esatta corrispondenza tra la prima parte del comma in commento e la seconda parte che prevede l’abrogazione del comma 821 della legge di stabilità per il 2016 (“I Piani operativi POR e PON del Fondo sociale europeo (FSE) e del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), rientranti nella programmazione dei fondi strutturali europei 2014/2020, si intendono estesi anche ai liberi professionisti, in quanto equiparati alle piccole e medie imprese come esercenti attività economica, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, dal titolo I dell’allegato alla raccomandazione 2013/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2013, e dall’articolo 2, punto 28), del regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, ed espressamente individuati, dalle Linee d’azione per le libere professioni del Piano d’azione imprenditorialità 2020, come destinatari a tutti gli effetti dei fondi europei stanziati fino al 2020, sia diretti che erogati tramite Stati e regioni.”).
La genericità della previsione contenuta nel DDL e l’abrogazione di una norma, viceversa, ritagliata ad hoc per i professionisti potrebbero comportare una forte limitazione delle facilitazioni introdotte con la legge di dicembre 2015, considerata altresì la circostanza che alcune regioni hanno già consentito a professionisti di accedere ai fondi stanziati dall’Unione Europea.
– comma 3: modalità partecipazione ai bandi e concorrere all’assegnazione di incarichi e appalti privati consentiti.
Disposizione assai interessante nonostante la genericità dei termini utilizzati (“appalti consentiti”) e il mancato coordinamento con disposizioni legislative vigenti (p.e. in tema di reti di impresa, per le quali è prevista l’iscrizione in camera di commercio).
Quanto alla professione forense, occorre altresì un’attività di coordinamento tra le norme del DDL e la legge ordinamentale 31.12.2012, n. 247 (e i suoi regolamenti di attuazione).
LE DELEGHE AL GOVERNO
Art. 5: delega al Governo in materia di atti pubblici rimessi alle professioni ordinistiche.
La delega contenuta nell’articolo in esame ha lo scopo di “semplificare le attività delle amministrazioni pubbliche e di ridurne i tempi di produzione”.
Dunque, il Governo, entro 12 mesi dall’entrata in vigore della presente legge, dovrà adottare uno o più decreti legislativi in materia di rimessione di atti pubblici alle professioni ordinistiche.
La norma contiene una vera e propria delega in bianco al Governo anche considerato che i principi e criteri ivi indicati appaiono troppo ampi.
Inoltre il richiamo alle professioni ordinistiche ovvero quelle che sono organizzate per ordini professionali, parrebbe escludere quelle organizzate in collegi professionali.
I principi direttivi per l’esercizio della delega sono i seguenti:

1. individuazione degli atti delle PP.AA. che possono essere rimesse alle professioni ordinistiche in relazione al carattere di terzietà di queste.
Sul punto oggi le due professioni ordinistiche che hanno potere di autentica sono quella notarile e quella forense.
Quest’ultima ha visto negli ultimi anni un riconoscimento del potere di autenticazione e conformità in materia processuale: si pensi alla L. 53/1994 in materia di notifiche in proprio e telematiche, nonché in materia di processo civile telematico.
Ma con particolare attenzione al carattere di terzietà, occorre ricordare che il legislatore ha riconosciuto la competenza degli avvocati nello svolgimento sia di attività che non sono del tutto di natura giurisdizionale, bensì di natura amministrativa o comunque mista (si pensi alle deleghe in materia di esecuzione immobiliari e procedure concorsuali) che di attività che sono a pieno titolo di natura giurisdizionale (si pensi al recente procedimento di negoziazione assistita in materia familiare, ove l’avvocato ha l’obbligo di trasmettere entro il termine di dieci giorni, all’Ufficiale dello stato civile, copia autenticata dallo stesso, dell’accordo munito contenente le certificazioni dell’autografia delle firme e della conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico).
In considerazione della finalità della delega di “semplificare l’attività delle pubbliche amministrazioni e di ridurne i tempi di produzione” il criterio di cui alla lettera a) pare troppo ampio e non delineato. Pertanto, oltre che individuare gli atti delle PP.AA. che possono essere rimesse alle professioni ordinistiche occorre tener conto del carattere di terzietà di queste e della loro competenza nel settore giurisdizionale e amministrativa.
2. riconoscimento del ruolo sussidiario delle professioni ordinistiche demandando agli iscritti l’assolvimento dei compiti e funzioni finalizzati:
– alla deflazione del contenzioso giudiziario
– ad introdurre in materia di certificazione dell’adeguatezza dei fabbricati alle norme di sicurezza ed energetiche anche attraverso l’istituzione del fascicolo del fabbricato.
3. clausola di invarianza economica e, con la particolare previsione secondo cui le amministrazioni competenti provvedono ai relativi adempimenti mediante le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
L’articolo appare equivoco e confuso poiché non è chiaro se la rimessione di attività sia prevista in favore degli ordini (istituzioni) ovvero dei singoli iscritti, poiché la prima parte dell’articolo in commento sembra dare rilievo alle istituzioni e mentre la seconda parte ai singoli iscritti. Non si comprende, poi, quale possa essere, a parte la sussidiarietà nelle funzioni, il reale beneficio – in termini di condizioni e reddito – a favore delle professioni.
Art 6: delega al Governo in materia di sicurezza e protezione sociale delle professioni ordinistiche.
La delega ivi prevista è volta in maniera molto esplicita ad attribuire alle casse private prestazioni sociali a favore dei professionisti con difficoltà reddituali; in altre parole, il legislatore prende atto delle difficoltà in cui versano le professioni (e per quanto di nostra competenza, gli Avvocati) ma rimette la questione alla casse private prevedendo, per esse, la possibilità di adottare nuove contribuzioni a carico degli iscritti senza alcun intervento delle casse pubbliche.

Cassa Forense, quindi, in forza di questa previsione, potrebbe variare – in aumento – le percentuali di contribuzione per far fronte alle difficoltà degli Avvocati disagiati.
Il legislatore si libera del problema del problema del reddito delle professioni “scaricandolo” sulle professioni stesse.
Art. 10: delega al Governo in materia di semplificazione della normativa sulla salute e sicurezza degli studi professionali.
La delega è volta a riorganizzare le numerose e frammentarie disposizioni in materia di sicurezza dei luoghi di lavoro. Tuttavia, occorre evitare che il principio della sicurezza non sia “declassato” a adempimenti meramente burocratici e costosi.
Ad oggi le disposizioni di cui al d.lgs. 81/2008, partendo da validi presupposti, sono di fatto perseguiti da meri adempimenti formali e costosi.

ANF – Associazione Nazionale Forense

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