Nessun prodotto nel carrello.

“Sulla giustizia penale, e segnatamente sull’istituto della prescrizione, no ai pasticci e alle proposte di queste ultime ore per metterci una toppa peggiore del male, no alla pseudo riforma Bonafede e no soprattutto, in nome della garanzia dei diritti dei cittadini, alla dottrina Davigo; le nuove norme in materia di prescrizione in vigore dall’inizio dell’anno vanno semplicemente abrogate. Se lo ricordino bene i legislatori che in queste ore si stanno affannando a trovare una soluzione allo scempio del ‘fine processo mai’: il processo penale in un contesto di garanzie stabilite dalla nostra Costituzione serve a dimostrare se una persona è colpevole o innocente, non soltanto a condannare, come invece dovrebbe avvenire nell’ipotetico mondo autoritario di quei pochi giudici che, facendo politica dallo scranno della Corte di Cassazione e del Consiglio Superiore della Magistratura, non rispondono mai del loro operato e delle loro affermazioni”.
Lo dichiara il segretario generale dell’Associazione Nazionale Forense Luigi Pansini, che fa proprie, condividendole, le considerazioni e le argomentazioni a favore della prevalenza del diritto sul giustizialismo svolte in queste ore e in questi giorni dal Consiglio Nazionale Forense, dall’Organismo Congressuale Forense, dall’AIGA, dalle Camere Penali e da tutte le altre componenti dell’Avvocatura.
“È evidente e noto – continua Pansini- che nel dossier che ha supportato i lavori preparatori della riforma, il fulcro delle informazioni statistiche è condensato in dati disordinati e parziali sul fenomeno. Finalmente, anche se timidamente, i mezzi di informazione e l’opinione pubblica cominciano ad acquisire la consapevolezza che la prescrizione riguarda per i due terzi del fenomeno, reati minori che, in nome della dell’azione penale obbligatoria, fanno aprire procedimenti penali che la stessa magistratura non vuole portare a termine. Ed infatti, il 75% delle prescrizioni matura prima della sentenza di primo grado e durante la fase delle indagini preliminari, con buona pace di coloro che additano gli avvocati come coloro che con scaltrezza la tirano per le lunghe. In appello, poi, come ha dichiarato il Presidente della Suprema Corte all’inizio del 2019, «buona parte dei quasi due anni e mezzo» che richiede il secondo grado del processo «è imputabile a “tempi di attraversamento” (attesa degli atti di impugnazione, la collazione degli stessi, la predisposizione dei fascicoli da trasmettere alla Corte d’appello, la trasmissione degli stessi, altre incombenze di carattere procedurale che consumano in buona parte il “tempo” processuale) che nulla hanno a che vedere con la celebrazione del giudizio”.
“Una corretta informazione sul funzionamento del procedimento penale, sul perché esiste l’istituto della prescrizione e su come opera il bilanciamento dei diritti e delle garanzie di tutti i soggetti coinvolti è più che mai essenziale e doverosa e tutti dovrebbero avvertire questa responsabilità. nei confronti della società, delle persone, dei cittadini, dei colpevoli, degli innocenti e delle vittime del reato. Se non ci si ferma subito, la road map tracciata da Bonafede, Davigo e Travaglio e iniziata con la stop alla prescrizione proseguirà poi aggredendo il diritto di impugnazione, ovvero quello che ad oggi determina la modifica di oltre il 40% delle sentenze di condanna” – conclude Pansini.