Quel rischio di non “rappresentare” tutti gli avvocati. Intervento del segretario Pansini su Guida al Diritto

logo_guida_al_diritto (1)Intervento del segretario Pansini su Guida al Diritto in vista del Congresso forense di Rimini
Il tema della rappresentanza politica dell’Avvocatura è al centro del XXXIII Congresso Nazionale Forense che si terrà a Rimini nella prima settimana di ottobre.
Consiglio Nazionale Forense (CNF) e ordini circondariali (COA) hanno deciso di occuparsene direttamente dopo anni di disinteressamento e di apparente dualismo con l’Organismo Unitario (OUA): discussioni continue nella sede del CNF, con l’esclusione delle associazioni e, più in generale, degli Avvocati, per porre fine all’estenuante dibattito su chi, dopo Rimini, sarà il rappresentante politico dell’Avvocatura.
Rappresentanza “istituzionale” e “politica”: la prima attribuita per legge, la seconda da conquistare sul campo e non suscettibile di definizioni normative e pattizie, sovrapponibili tra loro e oggetto di aspri confronti nel panorama politico forense.
Oggi possiamo dire con certezza che le condizioni che più di vent’anni fa portarono alla nascita dell’OUA non ci sono più. Il tessuto – anche intellettuale – dell’Avvocatura si è profondamente trasformato negli anni, la legge professionale del 2012 è discutibile, la crisi economica ha acuito quella interna all’Avvocatura, l’idea stessa di giurisdizione che cambia e il primato dell’economia sul diritto stanno imponendo un radicale ripensamento del nostro essere.
Il rapporto CENSIS sull’Avvocatura italiana di marzo ‘16 descrive la reazione degli Avvocati a tali cambiamenti, rivela un’urgente domanda di rappresentanza intesa proprio come “rappresentanza degli interessi di categoria” (secondo l’83% degli intervistati) ad oggi per nulla tutelati, indica la necessità di identità comune, coesione interna, visione condivisa, per un’efficace modello di rappresentanza.
La “rappresentanza”, poi, soprattutto se unitaria, è tema sentito perché in essa si scorge il seme di una reale ed efficace interlocuzione con la politica, il legislatore, la magistratura, la società civile.
Sul domani, invece, abbiamo meno certezze; con i loro interventi, Remo Danovi e Alarico Mariani Marini, forti della loro esperienza professionale e politico-forense, hanno toccato aspetti importanti della questione e c’è da domandarsi se alla fine prevarranno “le buone e sagge intenzioni” del primo o piuttosto i timori del secondo.
Innanzitutto, però, nessun parallelismo tra Magistratura e Avvocatura. La Magistratura è una, non soggetta alle variabili tipiche, di reddito e di opportunità, della libera professione. L’Avvocatura di oggi è un insieme di tante Avvocature che si distinguono per età, reddito, territorio, genere, materia, e ognuna di esse esprime una voce, un’associazione o un movimento, per combattere e superare il disagio (il più delle volte, dobbiamo dirlo, personale) del quale si fa portavoce, anche sul presupposto – sbagliato e pericoloso – che il superamento dell’esame di abilitazione debba assicurare il diritto all’esercizio della professione, al cliente, al pagamento di lauti onorari, alla pensione (non siamo lavoratori dipendenti ma “imprenditori” di noi stessi, con rischi e oneri tutti sulla nostra pelle; lo sappiamo da sempre e non possiamo fare finta che ciò non sia vero).
E allora, quale rappresentanza per l’Avvocatura di oggi?
La rappresentanza – per di più unitaria – di un’Avvocatura così variegata sembra impossibile da realizzare.
Il rispetto delle regole potrebbe essere il primo passo per una soluzione al problema: rispettare le regole che governano l’assetto della nostra professione ed eliminare le storture che ne minano le fondamenta.
L’idea non è affatto originale e il condizionale obbligatorio non fosse altro per il fatto che i due anni trascorsi dal congresso di Venezia, l’attuazione della legge professionale, il percorso di preparazione all’assise di Rimini, i modelli di partecipazione alla politica forense hanno disegnato una realtà completamente distorta e lontana dal rispetto delle regole e, oggi, venirne a capo è cosa ardua.
I punti fermi sono lì, in due norme della L. 247/12 che assegnano in via esclusiva al CNF, in ambito nazionale, e agli ordini circondariali, in ambito territoriale, la rappresentanza istituzionale dell’Avvocatura.
Eppure, a fronte di un’identica “rappresentanza”, differente solo per ambito territoriale, il modello elettivo è completamente diverso, con ricadute nefaste sull’idea stessa di rappresentanza dell’Avvocatura: i componenti dei COA sono eletti dagli avvocati iscritti al foro mentre i componenti del Consiglio Nazionale Forense sono eletti dai COA con il sistema previgente ideato per un CNF giudice di secondo grado.
Le modalità elettive del CNF sono un argomento tabù ed inspiegabilmente non sono state riviste dalla L. 247/12, ma sul punto (e di tanto spiace dover prenderne atto) negli interventi precedenti pubblicati su questa rivista il silenzio è francamente imbarazzante.
E i risultati sono sotto gli occhi di tutti: i rappresentanti istituzionali nazionali non rispondono agli iscritti del loro operato, adottano provvedimenti in palese conflitto di interessi (su “gettoni e rimborsi spese”), intraprendono iniziative economico-editoriali o adottano misure poi sanzionate con multe salate, dispongono dei contributi degli iscritti a loro piacimento e sulla scorta di un bilancio (unicamente) da essi stessi approvato.
Episodi che allontanano i Colleghi dalla partecipazione attiva, delegittimano tutte le istituzioni forensi minandole sul piano della rappresentatività, credibilità, inclusività, e indeboliscono, in qualità e quantità, le iniziative a tutela della giurisdizione e della professione.
Anche in ambito circondariale, si registrano forti anomalie.
Nonostante la norma primaria fosse chiara sul punto, il regolamento ministeriale sulle modalità elettive dei COA è stato annullato per palese contrasto con la L. 247/12, sotto il profilo della tutela delle minoranze e della parità di genere. E le conseguenze che viviamo ai giorni nostri sono ai limiti dell’assurdo: da un lato, le sentenze dei giudici amministrativi non sono state eseguite e tanti COA operano in regime di prorogationel silenzio assordante del Guardasigilli e, dall’altro, notizie di stampa rivelano iniziative di alcuni presidenti dirette a forzare le regole, a non rispettare addirittura le sentenze, a realizzare una forma di rappresentanza autoreferenziale, per niente partecipata, pluralista e legittimata.
Infine, sull’organismo nuovo che dovrebbe costituirsi a Rimini tante le soluzioni proposte, mille i propositi per un Congresso nel quale – mutuando le parole di Danovi –  formare “una volontà politica dell’Avvocatura”, ma nessuno che dica che in alcuni COA non si è nemmeno votato per l’elezione dei delegati congressuali poiché direttamente designati, mentre in altri addirittura forte è stata la resistenza per una loro democratica elezione nonostante l’esistenza di norme pattizie da tutti accettate, e che vi è stato il tentativo – sventato – di ridurre il numero dei delegati congressuali senza la necessaria modifica statutaria congressuale.
La direzione presa è quindi contraria ed opposta a quella del rispetto delle regole: blindare il Congresso, approvare documenti discussi da pochi e spenderli come il risultato della voce dell’Avvocatura, unità per imposizione e non per confronto e discussione.
E la questione della rappresentanza può riassumersi in poche righe: il Consiglio Nazionale Forense è al centro della legge professionale, gli ordini circondariali soffrono l’invasività eccessiva del CNF che toglie loro visibilità e iniziativa, l’Organismo unitario è riuscito a distruggere se stesso. Da una parte, il CNF che vuole diventare anche il rappresentante politico dell’Avvocatura e, dall’altra, gli ordini circondariali che cercano di creare un contrappeso allo strapotere del CNF.
Nel mezzo non ci sono gli Avvocati, non c’è la loro domanda di rappresentanza, non ci sono regole, ma quel mestiere ben retribuito paventato da Alarico Mariani Marini.
E gli Avvocati continueranno a sentirsi poco rappresentati.
Luigi Pansini – Segretario Generale ANF
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