“Le proposte contenute nel maxi emendamento del governo al disegno di legge delega di riforma del processo civile non sono condivisibili. Incomprensibile, sul piano della logica e del diritto, il pensiero secondo il quale un’ipotesi di riforma è elaborata con il dichiarato scopo di abbattere del 40% il numero delle cause civili nel nostro paese; a tal fine, la previsione di preclusioni stringenti che consentano al giudice di conoscere i termini della lite alla prima udienza è un grande bluff e l’ufficio del processo con giovani laureati ai quale affidare compiti assai delicati è un palliativo. Se questa è l’idea di giustizia in favore delle persone e dei cittadini che si vuole affermare, nessun compromesso è accettabile”.
Lo dichiara il segretario generale dell’Associazione Nazionale Forense Luigi Pansini.
“Si è voluto intervenire sulla fase introduttiva e istruttoria, ma a tutti è chiaro da tempo – continua Pansini – che il collo di bottiglia del processo di primo grado è rappresentato dalla fase della decisione e che la giustizia civile del nostro paese incontra le maggiori difficoltà nei giudizi dinanzi alle Corti di Appello e in Cassazione. Introducendo limiti molto stringenti alle facoltà di modifica delle domande (ed in generale al contraddittorio), questa idea di riforma paradossalmente porta con sé un ampliamento del contenzioso su questioni processuali ed un aumento del numero di liti; inoltre, sanzioni che creano una grave compressione del diritto di accesso alla giustizia sono espressione di un’impostazione punitiva che nulla ha che fare con il diritto e con le finalità costituzionali del processo che oggi, anche a seguito di interventi della Corte di Cassazione, ha trovato un suo perfetto equilibrio”.
“Confidiamo in un confronto sino ad oggi inesistente sulle reali criticità della giustizia civile in Italia per mettere sui giusti binari questa riforma, che allo stato attuale è un treno che corre a tutta velocità ma che rischia di fare solo danni” – conclude Pansini.