La riforma dell’abuso del diritto parte oggi, 1° ottobre. Tanto rumore per nulla, però. Questa è la sintesi della previsione sull’abuso del diritto, la quale, a ben vedere, introduce dei principi che dovevano risultare già immanenti nell’ordinamento tributario italiano; e ciò nonostante il decreto legislativo 128/2015 ne affermi la validità solo per gli atti che saranno notificati a partire da oggi.
L’unico aspetto di pregio della norma, a ben vedere, risulta aver sancito al di là di ogni dubbio l’irrilevanza penale delle condotte abusive. Abusare del diritto significa, sul piano civilistico, utilizzare in modo distorto, capzioso, un diritto, così da conseguire un vantaggio che, in realtà, quel diritto non consentirebbe. L’atto abusivo si pone al di fuori del diritto, ma non nella sua forma, bensì negli effetti e nelle finalità perseguite: a fronte dell’esercizio di un diritto formalmente perfetto si pone il perseguimento per suo tramite di un vantaggio che l’ordinamento non reputa meritevole di tutela (se non c’è una situazione di vantaggio, di qualunque natura, non può individuarsi abuso). L’abuso del diritto risulta quindi difficilmente traducibile in una norma di legge, posta la sua indeterminatezza. Questo il motivo per il quale in Italia si è scelto di non positivizzarlo, in termini generali, nel Codice civile.
Definizione e significato – Se si comprende cosa significa abuso del diritto sotto il profilo civilistico si deve ammettere che il principio coincide quasi perfettamente con quello di elusione tributaria. Il fatto è che l’elusione è stata erroneamente circoscritta in passato a fattispecie casistiche. Ora, invece, con il decreto 128, esiste un unico principio: quello dell’abuso del diritto o elusione tributaria.