Vuoti. A girare tra i corridoi del tribunale di Verbania – che con le pareti gialle, il pavimento in linoleum e l’odore di fumo sanno tanto di anni Settanta – sembra di ritrovarsi in un palazzo semi abbandonato. La cancelleria che raccoglie gli atti dei fallimenti è deserta. Quella delle cause e dei decreti ingiuntivi pure. L’archivio è quasi spoglio. Eppure qui la prima impressione non è quella che conta. Perché oggi il tribunale di questa cittadina affacciata sul lago Maggiore è tra i più virtuosi d’Italia. Nessun miracolo. Il merito è del Processo civile telematico (Pct) e di chi qui l’ha voluto già da qualche anno: Massimo Terzi, il presidente del tribunale, romano, classe 1956, gran fumatore di Muratti, a Verbania dall’82, tranne una breve parentesi dall’85 all’88 al Tar della Lombardia.
Alla guida del palazzo di giustizia dal 2009, Terzi, che dietro l’aria dimessa nasconde una tempra d’acciaio (o, come dice qui qualcuno, un «caratterino mica facile»), è riuscito in un’impresa quasi titanica: quella di traghettare online il 100% dei processi civili. «Significa che tutti gli atti del procedimento, da chiunque provengano, giudici, avvocati, parti o ausiliari, sono redatti, depositati e conservati solamente online», spiega Terzi. «Attraverso una piattaforma speciale, gli atti confluiscono in un fascicolo che è completamente elettronico. Dal computer posso accedere a tutte le pratiche e pubblicare atti ufficiali. Lo stesso vale per gli avvocati. La carta sparisce e il giudice e le parti si presentano in tribunale solamente per celebrare le udienze». Le fasi embrionali del Pct sono partite alla fine degli anni 90 nei tribunali di Milano e di Bologna. Alcuni mesi fa in tutta Italia si è avviata una fase sperimentale. Da oggi 1 gennaio, invece, il Pct diventa obbligatorio per tutti gli atti del contenzioso civile tranne il primo, quello per costituirsi in giudizio. Tutti i tribunali, insomma, dovranno adeguarsi. Ma a Verbania il Pct funziona già da tanto. «Dopo che fui nominato presidente, creammo un portale del tribunale che consentiva di mandare alcuni documenti ufficiali tramite posta elettronica», ricorda Terzi nella sua stanza, anche questa ormai svuotata dai faldoni. «Nel 2011, invece, abbiamo aderito al nascente sistema ministeriale del Pct. A quel punto è stato tutto abbastanza facile perché avevamo già superato il più grande ostacolo, la resistenza culturale di funzionari, avvocati e magistrati». L’età media di chi lavora in tribunale è 50 anni: «All’inizio molti non sapevano nemmeno che cosa fosse un pdf o un indirizzo di posta elettronica certificata».
Mancavano le nozioni di base e il convincimento che il fascicolo elettronico fosse davvero utile: «Abbiamo dovuto organizzare una serie infinita di riunioni per spingere le persone a formarsi. Poi, a un certo punto, si è dovuto dire: o si fa così o così. Ed è quello che dovrebbero fare negli altri tribunali dove il Pct oggi stenta a decollare». A Verbania, invece di cominciare a scannerizzare gli arretrati, hanno cominciato a produrre online i nuovi fascicoli a partire da una certa data. «Così tutti hanno percepito subito i vantaggi della rivoluzione». Che sono tantissimi. «Il fascicolo elettronico sta aiutando a risolvere problemi storici della giustizia», è convinto Massimo Terzi. Come l’accumulo fisico di faldoni e scartoffie e l’accesso difficile agli atti e agli uffici giudiziari. «Se ogni anno in Italia per il primo grado dei processi civili si producono 100 milioni di atti, significa che almeno 100 milioni di volte qualcuno dovrà prendere l’auto e recarsi in tribunale. Una follia. Il Pct è, di fatto, un gigantesco car pooling virtuale: consente di eliminare il traffico dentro e fuori i tribunali». Non solo: «Il procedimento diventa più trasparente», è convinto Terzi. «Chiunque può avere accesso ai documenti ovunque e in qualunque momento». E poi tempi e soldi, preziosissimi, sono ridotti: i fascicoli si chiudono più rapidamente, si tagliano i soldi per carta e toner e le spese per le notifiche per posta sono azzerate per tutti. L’efficienza del tribunale di Verbania, come testimoniato dall’ultimo Censimento speciale della giustizia civile, è insomma migliorata. A fine 2013 i processi pendenti da oltre tre anni sono scesi al 5,5% contro una media nazionale del 27,9. E, nonostante manchino dalla pianta organica più di due magistrati togati su 10 (più che nel resto d’Italia, dove ne mancano 1,4), oggi la giacenza dei fascicoli qui è di 149 giorni (in Italia 403). «Questo non significa, però, che il nostro sistema giudiziario non sia completamente da rivedere», dice Terzi. «I magistrati stanno già facendo il massimo. Nel 2013 a Verbania ciascuno di noi ha lavorato per più di 2.500 ore, non ci possono chiedere altro impegno. Piuttosto, bisognerebbe snellire il sistema. I decreti ingiuntivi dovrebbero essere emessi dagli avvocati, ci libereremmo del 45% dei fascicoli. Andrebbero aboliti il secondo grado di giudizio, tanto le garanzie saranno sempre offerte dalla Cassazione, e la fase dell’udienza preliminare nel processo penale». Un po’ di sconforto c’è, ma non tanto da impedire a Terzi l’ultima rivoluzione a Verbania. Dalla scorsa estate sono svolte solo per via telematica anche le aste giudiziarie: «Tipo eBay: nessuna busta da aprire ma tutto si svolge online, in modo sicuro e meno stressante, soprattutto per chi non è un professionista». Il risultato? «La partecipazione alle ultime aste è triplicata, anche da fuori Verbania». Non sembra neanche Italia.