Nonostante la crisi la carriera legale di avvocato ha ancora il suo fascino e riesce ad attrarre nuovi giovani che vogliono tentare questa strada professionale. Ma serve adattarsi ai tempi guardando a quelle che possono essere considerate le nuove frontiere per la categoria come, per esempio, la privacy, le aggregazioni tra professionisti, la dematerializzazione. «Il numero degli avvocati è cresciuto così come è cresciuto il numero dei professionisti in Italia, il 22% in più rispetto al 2007. L’età media dei professionisti attivi è salita, il tasso di crescita con cui i giovani entrano nel mondo delle professioni ordinistiche è diminuito nel corso del tempo pur rimanendo largamente positivo, non c’è soltanto il classico lavoro che conosciamo di ogni professione ma molte nuove specializzazioni sono richieste dal mercato», ha spiegato il segretario dell’Anf, Luigi Pansini a Palermo per l’ottavo congresso nazionale della sigla che si è svolto nei giorni scorsi e nel quale ci si è interrogati proprio sul futuro della professione. Numeri, avverte Pansini che «vanno letti e decodificati, sforzandosi di immaginare se e come l’evoluzione della professione è in grado di assorbirli e di soddisfarne le aspettative senza particolari traumi. Devono invece allarmare», spiega il segretario, «il loro uso strumentale e la tendenza a dimenticare che la legge ordinamentale del 2012 ha tra i suoi obiettivi quello di favorire l’ingresso alla professione e l’accesso alla stessa, in particolare alle giovani generazioni, con criteri di valorizzazione del merito. Degli anni della legislatura appena conclusa ricorderemo sicuramente il ricorso continuo alla comunicazione distorta e falsata di dati e statistiche circa il numero di cause pendenti in Italia per consentire al legislatore di intervenire ripetutamente e massicciamente sul processo civile e penale. L’Avvocatura non può e non deve servirsi di informazioni distorte; noi non possiamo comportarci come quel legislatore al quale abbiamo sempre rimproverato l’uso di slogan numerici dal facile appeal per allontanare i più giovani dalla professione o per rendere più diffi cile la professione a chi già la esercita da anni. Giusta, quindi, l’impugnazione proposta dinanzi al Tar avverso il regolamento ministeriale che introduce l’idea del numero chiuso per i corsi di formazione obbligatori ai fi ni della pratica forense». Dove puntare? Pansini invita a rivolgere lo sguardo verso «i provvedimenti di legge sulla concorrenza e sul lavoro autonomo e alle novità rivolte all’apertura di nuove frontiere, anche lontane dal processo: aggregazioni, privacy, legge 231, big data, innovazione tecnologica, dematerializzazione, sono argomenti oggi d’attualità e alla portata anche dell’avvocatura diversa da quella dei grandi studi legali. I bandi recenti di Cassa forense sull’alta formazione richiedono espressamente l’individuazione di nuovi settori e materie verso le quali orientare l’attività professionale. Rubiamo», ha aggiunto, «ai grandi studi legali le esperienze e gli strumenti di cui dispongono adattandoli il più possibile alle esigenze della maggioranza dei colleghi, primo fra tutti la specializzazione quale precondizione per una prestazione di qualità. La missione», ha spiegato ancora Pansini, «è quella di immaginare aree di intervento e profi li inesplorati senza attendere il miracolo dell’ampliamento delle competenze per legge o per attribuzione in via sussidiaria di compiti ai quali lo stato non può più assolvere e senza rinunciare alla difesa della giurisdizione e al ruolo di interlocutore necessario dell’avvocato nella dialettica giurisdizionale».
04.06.18 Italia Oggi – Legali, nuove frontiere
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