Non è mai un bel vedere quando alla crisi si guarda (anche) attraverso il cannocchiale del diritto. Perché il rischio è quello di scambiare la causa (economica) con le cause (civili).
E tuttavia, sempre più, l’efficacia di una riforma giuridica deve misurarsi con le conseguenze provocate nel tessuto sociale. Allora la ricerca del Sole 24 Ore del Lunedì mette in evidenza come le difficoltà del Paese si specchino anche negli istituti giuridici. A fare data dal 2011 è così assai significativa la crescita delle istanze di fallimento (+20%) e degli sfratti (+46%). Due elementi che fotografano l’impatto della recessione sui due assi portanti dell’organizzazione sociale, famiglie e imprese. Colpite negli aspetti chiave della disponibilità di una casa e della continuità aziendale. Ma si potrebbe aggiungere anche l’aumento dei ricorsi per decreto ingiuntivo (+21%), a segnalare almeno i ritardi nei pagamenti da parte dei debitori.
E se il diritto non è per forza lo strumento migliore per scattare la fotografia della crisi a quest’altezza di tempo, è altrettanto certo che può rappresentare un elemento per arrestarne un ulteriore peggioramento. Insomma, dall’istantanea al cerotto. Facciamo un esempio. In parte il diritto fallimentare in questi anni ha provato a lanciare segnali di resistenza, un po’ all’insegna del paradosso un po’ nel segno di un inevitabile realismo. A volte anche eccedendo. Mentre il ministro della Giustizia Andrea Orlando annuncia una nuova commissione per modificare la Legge fallimentare, le riforme di questi anni hanno in larga parte tracciato la direzione. Che è stata prima quella di mitigare la risposta dell’ordinamento nei confronti del fallito, trapiantando istituti come l’esdebitazione, indirizzati a non penalizzare troppo l’imprenditore che durante la procedura si comporta correttamente e a permettergli una “seconda chance” per rimettersi in piedi. E poi, negli ultimi anni, il rafforzamento di istituti come il concordato preventivo, anche anticipandone i tempi di richiesta, e gli accordi di ristrutturazione. Avendo chiaro come obiettivo la garanzia della continuità d’impresa (anche con misure discutibili come lo scioglimento dai contratti in corso).
Insomma, il diritto può essere utilizzato se non come leva per lo sviluppo – anche se certo il suo malfunzionamento può rappresentare un freno, basti ricordare le ormai frequenti rilevazioni che segnalano il gap di efficienza della nostra amministrazione della giustizia rispetto a quella di altri Paesi occidentali – almeno come uno strumento per rallentare la gravità della caduta. Certo, è una visione emergenziale della legislazione. Ma va anche ricordato che è quella più consueta per Governo e Parlamento. L’importante sarebbe darsi delle priorità chiare e non invece contribuire alla confusione. Per cui un giorno l’emergenza è la corruzione, il giorno dopo la lentezza dei processi, quello dopo ancora le regole di procedura.