La riforma “vera” del diritto fallimentare dopo il provvedimento tampone della scorsa estate (dl 83/2015, convertito nella legge 132/15) accelera e si candida a essere uno dei primi interventi normativi del 2016. Lo ha sottolineato il premier Matteo Renzi in un passaggio dl suo intervento di ieri in piazza Affari, l’occasione il debutto del titolo Ferrari in Borsa. «La politica ha detto il presidente del Consiglio deve fare ancora molto anche nel 2016: penso alle banche di credito cooperativo, al diritto fallimentare che deve cambiare, alle partecipate, all’agenda digitale». Affermazione, questa, che corrobora il messaggio con cui la scorsa settimana il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, aveva annunciato l’invio all’esame di Palazzo Chigi del disegno di legge di riforma complessiva della normativa sulle procedure concorsuali, un intervento testualmente «rivoluzionario» sulla vecchia e più volte emendata legge del 1942 . I capisaldi del disegno di legge, ispirati dai lavori della Commissione Rordorf istituita giusto un anno fa, sono cinque, dalla procedura di allerta e mediazione al nuovo concordato preventivo , dagli accordi di ristrutturazione alle nuove regole sui privilegi e prededuzioni fino alla revisione della amministrazione straordinaria, con il corollario della specializzazione dei magistrati. La procedura di allerta sarà una segnalazione che parte dagli organi di controllo interno o da creditori qualificati per fare emergere la crisi in un momento in cui è ancora gestibile, destinatario l’organo amministrativo dell’impresa (o l’imprenditore individuale, nel caso) . In caso di inerzia, il debitore potrà rivolgersi all’Organismo di composizione della crisi per l’avvio di un tentativo di soluzione in via riservata. La scelta del legislatore, quindi, sembra quella di voler gestire la crisi dell’impresa evitando danni reputazionali all’imprenditore in difficoltà. Una scelta, quella del basso profilo anche linguistico, che coerentemente farà sparire dal vocabolario di settore la parola «fallimento» e «fallito», considerate oggi, 73 anni dopo il debutto della legge tuttora vigente, uno stigma del tutto anacronistico. Nella bozza Rordorf , che sarà comunque il punto di partenza e forse qualcosa in più per Palazzo Chigi, cambia anche il concordato preventivo, in cerca di un punto di equilibrio tra gli estremi toccati con le ultime riforme, in cui la tutela del credito era spesso passata in second’ordine, per usare un eufemismo. In questo contesto va letta, tra l’altro, la legittimazione del terzo creditore ad attivare il concordato preventivo nei confronti del debitore insolvente. Il tribunale, nella versione Rordorf, nella valutazione di fat tibilità dovrà far riferimento ai consolidati orientamenti della Cassazione, ma senza riguardo alle soglie di soddisfacimento già previste, peraltro, nella miniriforma estiva. Quanto agli accordi di ristrutturazione, il Ddl consente l’estensione degli effetti anche ai non aderenti, ma a condizione che l’accordo rappresenti almeno il 75% dei crediti. In vista anche una revisione generale dei privilegi sia generali sia speciali considerati «non più attuali»e il contenimento delle ipotesi di prededuzione,per evitare che l’attivo delle procedure sia assorbito dai crediti appunto prededucibili. Infine l’amministrazione straordinaria confluisce in un’unica procedura fondata su «concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico». Quanto alla specializzazione dei magistrati, varrà la tripartizione tribunale delle imprese (per le procedure più grandi), tribunali ordinari (sovraindebitamento) e pochi tribunali “target” per le procedure restanti.
Alessandro Galimberti