Mario Barbuto, già presidente del tribunale di Torino, è il capodipartimento al ministero della Giustizia. Sta provando a inoculare principi manageriali nel corpaccione della giustizia italiana, ma gli effetti della cura ancora non si vedono. Perché? «Senza alcun intento polemico, segnalo nel mio documento appena inviato a tutti gli uffici giudiziari che le scadenze indicate nel Progetto Strasburgo 2, quando lo illustrammo alla stampa nel marzo scorso, erano rimaste al momento prive di riscontro pratico, mancando l’individuazione ufficiale del “dies a quo”. È solo con la delibera del Csm di giugno, che il progetto di smaltimento delle cause più vecchie, e quindi la riduzione del rischio legato ai rimborsi, può diventare operativa». Eppure nell’ultimo anno i ma gistrati erano stati invitati a rispettare il principio del «first in, first off». Il risultato è paradossale: le pendenze ultratriennali, quelle più rischiose ai fini dei rimborsi, non diminuiscono, bensì aumentano. «Diciamo che finora non c’è stata la programmazione nell’esaminare prima le cause più vecchie». Lei ha spiegato spesso che bisogna rovesciare la pila dei fascicoli. Non esaminare prima il fascicolo che si deposita in cima, ma partire dal basso. Perché non accade? «Guardi, se il Progetto fosse stato operativo nell’ultimo anno, ora potrei pure ammettere che le mie raccomandazioni non sono state rispettate. Ma il Progetto non era operativo. C’era qualche documento sul sito del ministero, tutto qui. Mi potrebbero dire: e chi l’ha visto?». Dal suo posto di osservazione, basandosi sui computer ministeriali, che trend vede? «Luci e ombre. Dell’arretrato ultratriennale che aumenta, abbiamo detto. Ma c’è anche da dire che l’arretrato complessivo è sceso in un anno da 5,2 a 4,5 milioni di affari grazie a un insieme di effetti. Non ultimo, abbiamo depurato le statistiche da quei fascicoli, come le tutele, che non potevano considerarsi controversie e che per definizione non hanno scadenza. Concludo citando un passaggio del mio documento: “Il ministero della Giustizia sottolinea che è manifestamente irragionevole, ai sensi dell’art. 111 della Costituzione, che a fine 2015 in Italia restino ancora pendenti cause contenziose che hanno una vetustà superiore a 15 anni, alcune delle quali risalgono anche agli anni ’70 e ’80, con un’anzianità superiore a 30, 40 e anche 50 anni”».
06.10.15 La Stampa – “Le cause più vecchie sono ferme. Ci vuole un cambio di passo”
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