Il 21 dicembre la legge di riforma dell’ordinamento forense compirà un anno. Che cosa è successo da allora? Quasi niente: solo due regolamenti attuativi su 37 sono stati approvati. E senza regolamenti non si riesce nemmeno a partire. I 240 mila avvocati italiani dovranno aspettare. A parte le regole sul cosiddetto sportello del cittadino (servizio di informazione e orientamento) e sulle associazioni specialistiche maggiormente rappresentative (come penalisti, esperti in diritto di famiglia o amministrativo), aspetti considerati tuttavia di portata minore, ogni altro punto della legge attende di essere licenziato, con tempi che non si annunciano rapidi. Procedono a rilento ministero della Giustizia guidato da Annamaria Cancellieri (16 regolamenti in conto), Consiglio nazionale forense (Cnf, 14 regolamenti) presieduto da Guido Alpa , Ordini territoriali (sei) e Cassa nazionale di previdenza forense (uno) gestita da Alberto Bagnoli . All’appello manca il via libera sulle questioni ritenute più rilevanti: codice deontologico (l’unico da approvare entro l’inizio di febbraio 2014), riscossione dei contributi da parte degli Ordini locali (è in atto una contrapposizione con il Cnf), disciplinare (senza il quale sono a rischio nullità le sanzioni attuali), caratteristiche dell’effettività e dell’abitualità dell’esercizio della professione (che ha ricadute sulla gestione previdenziale), specializzazioni (senza le quali si vanifica l’approvazione del regolamento sulle associazioni), formazione continua e permanente (è in corso un regime di prorogatio), esami di Stato, procedure elettorali. Quest’ultimo capitolo, se non affrontato con solerzia, costringerà a ulteriori proroghe i mandati dei consigli degli Ordini, che già stanno godendo di un anno di differimento: da due anni sono passati a tre, con la futura probabilità di aggiungere uno o addirittura altri due anni. Siccome il Cnf dovrebbe essere eletto tre mesi prima della scadenza del mandato (fine 2014), ma da Ordini locali anche loro in scadenza, come minimo è ipotizzabile una prorogatio del presidente Alpa e degli altri consiglieri di almeno sei mesi, così che possano essere scelti dai consigli rinnovati. Eppure la riforma era stata definita come «epocale» e urgente. In gran fretta, dopo infinite battaglie e lungaggini politiche e corporative, a tre giorni dal Natale 2012 e a un soffio (poche ore) dalla fne della legislatura, la legge era stata approvata tra gli applausi del Cnf e di larga parte delle rappresentanze della categoria togata (con alcune eccezioni, come l’Associazione nazionale forense guidata da Ester Perifano ). Solo che, a cose fatte, i nodi sono venuti subito al pettine. Esclusi i maggiori poteri attribuiti al Cnf medesimo nei confronti degli Ordini territoriali, il resto della materia aveva infatti bisogno di interventi ad hoc. «Un guscio vuoto», hanno detto e dicono tuttora i più critici. Tanta lentezza nel decidere i nullaosta ai regolamenti, dopo il sì parlamentare ottenuto anche con il sostegno dei tanti avvocati seduti in Senato e alla Camera dei deputati, viene attribuita alla difficoltà ad affrontare una materia spinosa e delicata, oltre a una non sempre adeguata capacità tecnica a sbrogliare le questioni. Nell’attesa, dopo quasi un anno dal sì politico, il Cnf a fine novembre si è finalmente riunito con i dirigenti del ministero della Giustizia per incentivarne la collaborazione e trovare un accordo sui decreti governativi mancanti. «Bisogna dare attuazione alla riforma», hanno convenuto.
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