Per ottenere la specializzazione forense basterà dimostrare di aver svolto dieci incarichi l’anno in una particolare materia, invece dei 15 inizialmente previsti. Lo prevede il testo definitivo del decreto ministeriale dopo il passaggio in Consiglio di stato. Aumentano le materie in cui sarà possibile specializzarsi: tra queste, diritto dell’informazione, dell’internet e dell’istruzione. Verifiche triennali per mantenere il titolo di specialista. Damiani a pag. 23 Diventare un avvocato specialista sarà più facile. Servirà, infatti, un numero più basso di incarichi per provare l’esperienza maturata. Inoltre, verrà valutata anche la qualità degli incarichi espletati. In generale, aumentano le materie in cui sarà possibile specializzarsi, con una particolare attenzione per il diritto civile, quello penale e quello amministrativo che saranno suddivisi in una serie di indirizzi. Sono solo alcune delle novità previste dallo schema di decreto sulle specializzazioni forensi che va a modificare il dm 144/2015, bocciato prima dal Tar Lazio (sentenza n. 4424 del 14 aprile 2016) e poi, in parte, dal Consiglio di stato (sentenza n. 5575 del 28/11/2017). Si avvia alla conclusione, quindi, il lungo iter di approvazione delle specializzazioni forensi: per diventare una realtà nell’ordinamento italiano si attende ora la pubblicazione del decreto, firmato dal ministro della giustizia Alfonso Bonafede, in Gazzetta Ufficiale. Il titolo di avvocato specialista potrà essere conseguito in due modi: o avendo preso parte con esito positivo negli ultimi cinque anni a un corso di specializzazione oppure dimostrando di aver conseguito nella materia una comprovata esperienza, che verrà certificata tramite un colloquio atto «all’esposizione e la discussione dei titoli e della documentazione a dimostrazione della comprovata esperienza». Nella prima versione del decreto, per la comprovata esperienza era necessario aver trattato negli ultimi cinque anni almeno quindici incarichi per anno. Ora ne basteranno dieci. Il colloquio per la conferma dell’esperienza è stato uno dei punti criticati dal Consiglio di stato, che chiedeva maggiore terzietà rispetto ai poteri attribuiti al Cnf nella nomina dei componenti del collegio: per superare il problema è stato deciso che dei cinque componenti, quattro saranno nominati dal ministero. Un altro degli aspetti critici sollevati da palazzo Spada riguardava la suddivisione delle materie: secondo i giudici, la suddivisione era: «palesemente irragionevole e arbitraria, nonché omissiva di determinate discipline giuridiche». La soluzione è stata quella di ridefi nire le materie di specializzazione partendo da tre tipologie, ovvero il diritto civile, quello penale e quello amministrativo, che sono stati a loro volta catalogati in una serie di sottomaterie defi nite indirizzi: per il diritto civile si va dal diritto successorio a quello dei consumatori; per il diritto penale sono state inserite alcune particolarità come il diritto dell’informazione e dell’internet. Per quello amministrativo, tra le novità emerge il diritto dell’istruzione. Un altro degli aspetti caldi riguarda il mantenimento del titolo di specialista: ogni tre anni, i legali dovranno dichiarare e documentare al Coa l’adempimento degli obblighi di formazione. Oltre agli obblighi formativi, anche in questo caso l’esperienza maturata e l’esercizio continuativo della professione nel settore o nell’indirizzo specifico potranno bastare per mantenere il titolo. E anche in questo caso gli incarichi necessari sono stati ridotti da quindici a dieci nel triennio interessato. La revoca del titolo avverrà in conseguenza di irrogazione di sanzioni disciplinari definitive sancite in violazione del dovere di competenza o di aggiornamento professionale e, naturalmente, per il mancato adempimento degli obblighi formativi. Infine, sono previste delle disposizioni transitorie che consentiranno a chi ha conseguito un attestato di frequenza di un corso avente i requisiti previsti di ottenere il titolo, anche se il corso è stato svolto prima dell’entrata in vigore del regolamento. La strada delle specializzazioni forensi sembra, quindi, ormai tracciata, anche se rimangono ancora degli aspetti che necessitano di alcuni chiarimenti, come il riconoscimento dei corsi che potranno garantire il titolo. «La specializzazione fino a ieri poteva essere considerata un qualcosa in più, oggi invece è quasi una conditio sine qua non per l’esercizio della professione che prescinde da qualsiasi regolamentazione ordinamentale forense», è il commento del presidente dell’Associazione nazionale forense Luigi Pansini. «Tuttavia, ricordiamo che le specializzazioni previste dalla legge professionale e dal regolamento di prossima emanazione sono una facoltà e non un obbligo per gli avvocati. La novità al momento più rilevante è la previsione di precisi indirizzi di specializzazione nell’ambito dei settori di specializzazione in diritto civile, in diritto penale e in diritto amministrativo. Non sembra al momento chiarissima la formulazione», conclude Pansini, «ma è evidente che l’avvocato ha interesse a conseguire il titolo di specialista in “diritto bancario e dei mercati finanziari” e non nel settore di “diritto civile” che lo comprende».
ItaliaOggi – MICHELE DAMIANI