Alcuni testi sono finalmente pronti, e hanno preso la strada di Palazzo Chigi. Il decreto legge con gli interventi sulla giustizia civile è da ieri a disposizione della presidenza del Consiglio, per essere approvato alla prima riunione del governo considerata utile. Lì dentro ci sono anche le nuove regole sulle ferie dei magistrati, portate a trenta giorni, e un quasi dimezzamento dell’interruzione estiva delle udienze ordinarie: non più dal 1° agosto al 15 settembre, bensì dal 6 al 31 agosto.
Sulla riforma della giustizia penale, invece, i tecnici del Guardasigilli Orlando e di Palazzo Chigi stanno ancora lavorando con i rappresentanti «di settore» dei partiti per mettere a punto le ultime modifiche alle proposte ministeriali. Ma l’opera è quasi giunta a compimento, un disegno di legge complessivo dal titolo altisonante: «Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale per il rafforzamento delle garanzie difensive e la durata ragionevole dei processi, oltre che all’ordinamento penitenziario per l’effettività rieducativa della pena». È quello che contiene ciò di cui più s’è discusso in queste settimane, dalla sospensione della decorrenza prescrizione dopo la condanna di primo grado, alla modifica del falso in bilancio, alla delega al governo per una diversa disciplina delle intercettazioni telefoniche. Ma c’è anche molto altro. Le riforme investono praticamente tutte le fasi del processo, dall’udienza preliminare fino al ricorso in Cassazione. E c’è qualcosa pure per ciò che riguarda le indagini del pubblico ministero: il rafforzamento dei «controlli preventivi e successivi sulla corretta osservanza delle disposizioni che regolano il momento dell’iscrizione della notizia di reato nell’apposito registro», mentre il potere di disporre autonomamente l’acquisizione dei tabulati telefonici viene ristretto ai soli casi d’urgenza; per il resto toccherà al giudice ordinarla, in adeguamento alle indicazioni della normativa europea.
Una delle principali novità riguarda l’introduzione di un nuovo istituto, che si aggiunge al patteggiamento, a sua volta esteso fino a tre anni di pena. Si tratta della cosiddetta «condanna emessa su richiesta dell’imputato», che può essere richiesta dai rinviati a giudizio e prescinde – a differenza del patteggiamento – dall’accordo tra le parti. In sostanza, all’udienza preliminare o all’apertura del dibattimento in caso di giudizio immediato, se l’imputato ammette il fatto ne rende una confessione che consente al giudice «un accertamento pieno della colpevolezza», può chiedere una sentenza di «condanna concordata» fino a otto anni di pena. Un tetto alto, che copre reati importanti, che consentirebbe a chi ammette la colpa di ottenere un ulteriore sconto da un terzo alla metà. In caso di accoglimento della richiesta, all’imputato non sarebbe consentito di presentare appello.
Altra modifica importante viene introdotta all’udienza preliminare per «evitare che si sovrapponga al vero e proprio giudizio nel merito della vicenda processuale», com’è spiegato nelle diverse relazioni che accompagnano i testi in via di definizione. Al giudice non sarà più consentito di ordinare nuove indagini al pubblico ministero, qualora le ritenga insufficienti per un suo pronunciamento; è accaduto spesso, in passato, soprattutto in Sicilia per alcuni processi sui rapporti tra mafia e politica, di fronte a imputati di concorso esterno in associazione mafiosa. La riforma prevede che, in caso di ritenuta incompletezza delle indagini , si proceda alla «indiretta censura dell’operato del pubblico ministerio» attraverso la pronuncia di non luogo a procedere. Allo stesso modo, viene eliminato il «potere officioso» del giudice di assumere nuove prove prima della decisione sul rinvio a giudizio o sull’archiviazione; spetterà alle parti, eventualmente, richiederla.
Un intero capitolo riguarda la riforma dei motivi dell’appello, ma è una materia sulla quale ancora si stanno mettendo a punto alcune modifiche. Anche su questo il Parlamento è chiamato ad approvare una delega al governo, e in generale si tenta di ridurre l’area dei ricorsi in modo da garantire che sia effettivamente una fase di controllo di ciò che hanno fatto i primi giudici. Il punto critico sul quale si vuole intervenire riguarda il fatto che il processo di secondo grado può diventare un nuovo giudizio di merito in assenza dell’assunzione diretta della prova che avviene nel dibattimento di primo grado. Con l’obiettivo di ridurre il carico dei processi pendenti, viene reintrodotta la possibilità di patteggiare la pena anche nella fase di appello.