10.06.15 Il Sole 24 Ore – Prelievo Casse alla Consulta

Sarà la Corte costituzionale a giudicare l’obbligo per le Casse previdenziali private di ridurre le spese per consumi intermedi e di riversare i risparmi al bilancio dello Stato (articolo 8, Dl 95/12, legge 135/12). La decisione arriva con ordinanza del Consiglio di Stato 2756/2015 depositata in segreteria il4 giugno, che ha ribaltato la pronuncia del Tar Lazio 6103/2013su ricorso della Cassa di previdenza dei dottori commercialisti. Il Consiglio di Stato non si intrattiene sulla annosa questione relativa alla natura pubblica o privata delle Casse professionali, ovverso sulla loro assimilazione a pubbliche amministrazioni in base all’elenco Istat. Per il Tar, invece, questo aspetto era stato dirimente, seguendo un orientamento proprio del Consigio di Stato (6014/2012)secondo il qualea essere «pubblici» sono il ruoloe il finanziamento (al di là della natura giuridica): obbligatorietà della contribuzione, controlli da parte della Corte dei conti e dei ministeri vigilanti, «sgravi e fiscalizzazione degli oneri sociali». Oltre a questo, per il Tar, l’elenco Istat delle pubbliche amministrazioni, in cui sono ricomprese anche le Casse private, non è stato oggetto di censure di illegittimità. Per il Consiglio di Stato, invece, dirimente è la provenienza «da soggetti privati della contribuzione voltaa costituire le risorse per il futuro trattamento pensionistico». Il prelievo non ha fonte nei trasferimenti statali ma in somme percepite dgli iscritti alle Casse, con lesione della loro «auonoma determinazione». Dunque, il Consiglio di Stato ritiene violato l’articolo 23 della Costituzione, poiché il prelievo finisce per ledere la finalità previdenziale, definita per legge, del contributito obbligatorio. Potrebbero essere violati anche gli articoli 35, 36e 38 secondo comma poiché si dirottano a esigenze diversee generali di finanza pubblica somme destinate ai trattamenti previdenziali, quali «retribuzione differita». Sono richiamati anche gli articoli 2,3e 97 della Costituzione, poiché l’imposizione incide sull’autonomia dell’ente nel decidere la destinazione di risorse, dei propri iscritti, per realizzare la mission previdenzialea agisce in percentuale sulle somme destinate a consumi intermedi in annulaità precedente. Infine potrebbero essere violati gli articoli 3 e 53 dela Costituzione sulla capacità contributiva. «Consapevoli del fatto che questo sia solo un primo passo, si tratta comunque di una autorevole conferma della fondatezza delle argomentazioni giuridiche portate avanti in questi ultimi anni dalla Cassa dei dottori commercialisti», ha dichiarato il presidente dell’Ente, Renzo Guffanti. «Nel 2014 la Cassa – ha continuato – ha versato oltre 50 milioni di euro di imposte, mentre gli oneri da “spending review” ammontano a circa 600 mila Euro, contribuendo in misura significativa al fabbisogno dello Stato. Intendiamo però tutelare la natura privata del risparmio previdenziale che viene gestito per far fronte ai futuri impegni nei confronti dei nostri iscritti, i dottori commercialisti,e che non può essere trattato alla stregua di un bancomat».

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