13.04.15 Corriere economia – «Il socio di capitale? Per noi è da cartellino rosso». Intervista al Presidente del Cnf

È Andrea Mascherin il nuovo presidente del Consiglio nazionale forense. Penalista, eletto al vertice dal distretto di Trieste, iscritto all’Albo del consiglio dell’Ordine di Udine, Mascherin ha già ricoperto la carica di consigliere segretario nella scorsa consiliatura.

Ma le elezioni, appena ultimate, hanno portato all’insediamento di un nuovo plenum del Consiglio, che rimarrà in carica fino al 2019 ed è composto da 33 componenti, di cui 8 avvocate, in ossequio al principio del rispetto della rappresentanza di genere introdotto dalla legge di riforma dell’ordinamento professionale, primo organismo in Italia e in Europa a farlo.

 

Molte le «questioni spinose» sul tavolo del nuovo presidente, chiamato ad affrontare una fase di notevole turbolenza per il settore. «Si tratta di questioni che già conosco e ho avuto modo di studiare – afferma Mascherin – e questo è sicuramente un vantaggio».

 

La riforma introdotta dal disegno di legge sulla concorrenza vi porrà nelle condizioni di affiancare i notai nel settore delle compravendite di immobili (non a uso abitativo) di un valore catastale inferiore a 100 mila euro.

 

«Siamo pronti a svolgere questo ruolo. Abbiamo le competenze per poterlo fare e non crediamo di rappresentare un rischio per il sistema né un pericolo di concorrenza per i notai».

 

Prevedete corsi di formazione specifici per gli avvocati che vorranno occuparsi anche di transazioni immobiliari?

 

«Certamente. Abbiamo già avvocati che si occupano di questi temi. Adesso che avremo competenze maggiori offriremo una formazione più specifica. Ma non è certo ipotizzabile che tutti i 230 mila avvocati si occupino di immobiliare. Per questo non rappresentiamo un’insidia per i notai, ma solo un’opportunità in più per i cittadini».

 

Una funzione pubblicistica dell’avvocatura che il Consiglio nazionale forense sembra aver sposato.

 

«È un ruolo che possiamo svolgere, che è previsto dalla Costituzione e che può diventare sempre più importante nel nostro Paese. Anche la negoziazione assistita va in questa direzione. Sull’efficacia della riforma della giustizia è troppo presto per esprimere giudizi. Di sicuro c’è che l’avvocatura si prodigherà per fare la sua parte, ma anche per rappresentare un interlocutore autorevole per la politica e il ministero competente».

 

Sul tavolo c’è anche la questione delle società tra professionisti che gli avvocati ancora rifiutano.

 

«Non sono gli avvocati a rifiutarle, ma la legge. Il testo della riforma forense esclude che si possano realizzare società tra avvocati con la presenza di capitali esterni riconducibili a investitori non iscritti all’Albo».

 

Ma alle altre categorie è consentito dalla legge di riforma delle professioni .

 

«È vero ma la nostra è una condizione molto particolare. Che cosa accadrebbe se l’azionista di uno studio legale conoscesse dati ed elementi di una controversia che dovrebbe essere coperta da segreto professionale? Come si potrebbe escludere un pericoloso conflitto di interessi? L’unica forma di associazione che mantiene alti i parametri di sicurezza è quella multidisciplinare tra professionisti».

 

Altro nodo della categoria è quello legato alla possibile cancellazione dall’Albo a causa dei redditi bassi dichiarati alla Cassa forense.

 

«Nessuno sarà cancellato dall’Albo per motivi di reddito. Il nostro obiettivo è quello di accertare la continuità professionale per garantire i clienti ed evitare la concorrenza sleale con parcelle al ribasso da parte di chi non svolge abitualmente la professione di avvocato».

 

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