13.11.17 Lettera43 – Assicurazione avvocati: storia di un pasticcio di Stato

Una legge impone loro di dotarsi di una polizza anti infortuni. Ma, dopo rinvii e proroghe, ora il governo vuole fare marcia indietro. Intanto nelle casse delle compagnie sono arrivati almeno 12 mln euro.

Cinque anni per il decreto attuativo, 12 mesi per adeguarsi e poche settimane per fare marcia indietro e cancellare ogni obbligo: ovviamente, solo dopo aver costretto tutti a pagare. È lo strano iter della disposizione che impone agli avvocati – 237 mila in Italia – di dotarsi di una polizza anti infortuni: legge 247/2012, articolo 12, comma 2, su un emendamento presentato dal senatore del Partito democratico Marco Beltrani, e fortemente avversato dai professionisti. L’imposizione, infatti, non riguarda la copertura per errori professionali, già obbligatoria, ma l’eventualità che il legale si rompa una gamba e non presti giusta assistenza ai propri clienti: ipotesi non esattamente verosimile per chi campa di lavoro autonomo. Così inverosimile, a dire il vero, da non essere prevista per alcun’altra categoria professionale.

LA GARA VINTA DA AIG EUROPE. Il decreto attuativo della legge, come da consuetudine italiana, ha comunque impiegato parecchio ad arrivare: è comparso in Gazzetta ufficialesoltanto nel 2016 (DM 22 settembre 2016), fissando nell’11 ottobre dell’anno successivo la scadenza per l’adeguamento. Dopo cinque anni dalla legge, insomma, tutti gli avvocati erano tenuti a contrarre una polizza che li coprisse dagli infortuni. Tanto che il Consiglio nazionale forense – vertice di governo dell’ordine – ha prontamente indetto una gara tra le compagnie assicurative, vinta da Aig Europe, per ottenere «condizioni di particolare favore». E che la cassa forense (l’ente di previdenza della categoria) e gli ordini professionali regionali hanno scandito l’obbligo a contrarre un’assicurazione con messaggi e relative offerte a cadenza quasi quotidiana, con il risultato di avvocati in coda fuori dalle assicurazioni preoccupati di arrivare in ritardo o ricevere sanzioni.

Tra un mercanteggiare e l’altro, si arriva così all’11 ottobre, giorno in cui teoricamente scadevano i termini. E nel quale, invece, sotto insistenza del Consiglio nazionale forense il ministero della Giustizia ha concesso un mese di proroga per consentire agli avvocati di pagare la propria assicurazione: «Siamo grati al ministero di aver accolto la nostra richiesta: la proroga permetterà a tutti i professionisti di stipulare con calma la polizza assicurativa», il commento soddisfatto del presidente dell’organo degli avvocati Andrea Mascherin.

ORLANDO VUOLE ELIMINARE L’OBBLIGO. Tutto bene? Non esattamente. La prima settimana di novembre, infatti, il ribaltone: a sette giorni dal termine della proroga, il guardasigilli Orlando ha comunicato che, nella discussione della sessione di bilancio, chiederà di eliminare l’obbligo. Peccato che nel frattempo almeno metà degli avvocati italiani abbia già provveduto a dotarsi della polizza, onde evitare sanzioni. Cioè che, a fare i conti spannometrici, i professionisti – inclusi gli under 30 o quelli a inizio carriera, la cui dichiarazione media è inferiore a 10 mila euro annui – abbiano versato nelle casse delle assicurazioni almeno 12 milioni di euro: se non un regalo, quantomeno un’anomalia.

«SI GIOCA SULLA PELLE DEGLI AVVOCATI». «Appare assurdo che dopo una prima proroga l’11 novembre entri in vigore la disposizione di una legge dello Stato del 2012 che prevede la polizza che la politica si è impegnata ad abrogare in un prossimo futuro», si lamenta con Lettera43 il segretario generale dell’Associazione nazionale forense, cioè il sindacato dei legali, Luigi Pansini. Altrimenti detto: che senso ha rendere vincolante un obbligo che già si sa sarà cancellato? E chi si prende la responsabilità di rimborsare chi ha pagato? E chi non ha pagato rischia sanzioni? «La corrispondenza dell’ultimo mese tra il Consiglio nazionale forense e il ministero della Giustizia è stata semplicemente grottesca. Si continua a giocare con la pelle degli avvocati, sia di coloro che hanno rispettato la legge sia di coloro che si trovano in una situazione di incertezza circa il relativo obbligo», scandisce ancora Pansini.

Nella confusione totale resta in effetti anche da chiedersi perché al posto di avversare la richiesta o di chiederne l’abrogazione i vertici dell’ordine di governo degli avvocati si siano limitati a cercare una proroga dei termini, favorendo implicitamente le assicurazioni. «Abbiamo raccolto la protesta quando si è scatenata: a lungo nessuno aveva detto niente. Quando è arrivato il momento di pagare tutti si sono lamentati», precisa Lucio Del Piaggio, membro del Consiglio nazionale forense. «Siamo intervenuti a chiedere l’abrogazione della norma a seguito delle pressioni, anche se avevamo previsto una convenzione a una cifra bassissima». Prima, insomma, si sono recepite le disposizioni senza colpo ferire, si sono strette le convenzioni e si è invitato tutti a saldare il conto. Una volta iniziati i pagamenti, si è capito che le disposizioni erano da sospendere e si è aperta la battaglia. Morale della favola: nel dubbio, prima di aprire il portafoglio, sempre meglio aspettare, sai mai che qualcosa succeda. La solita storia dell’Italia che non cambia mai, dove i fessi sono quelli che si adeguano alla legge…

Gea Scancarello

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