Contributi ridotti della metà rispetto al minimo per i 56mila iscritti all’albo degli avvocati ma non ancora alla Cassa forense. Stesso trattamento per i 30mila legali già iscritti alla Cassa ma a rischio cancellazione perché non ce la fanno a pagare. Non sono pochi i nodi che il neo-presidente della Cassa forense, Nunzio Luciano, dovrà affrontare.
A cominciare dall’applicazione dell’articolo 21 della riforma dell’ordinamento forense, che impone l’obbligo contestuale d’iscrizione albo-cassa e turba i sonni di circa 56mila legali. Un onere che richiede una capacità finanziaria che i giovani non hanno. La Cassa è ora come una fortezza assediata: chi è fuori vorrebbe entrare e chi sta dentro potrebbe dover uscire. Certo non per sua volontà, ma perché perde capacità contributiva, situazione con cui si confrontano circa 30 mila legali.
Mentre i non iscritti sono soprattutto al Sud, chi rischia la cancellazione sta anche al Nord. «La Lombardia è la seconda regione, dopo la Campania, in cui sono iscritti i 30mila a rischio – spiega Nunzio Luciano -. La mia convinzione, anche se preciso che sarà il Comitato a decidere, è che anche a loro vada esteso il trattamento che la bozza riserva ai 56 mila ancora fuori. Trovo legittima anche la richiesta di riconoscere la stessa possibilità a tutti eliminando l’emendamento introdotto nella bozza di regolamento che limita i vantaggi agli under 35: non si possono fare discriminazioni sull’età».
La prima riunione in cui il Comitato esaminerà la bozza di regolamento ci sarà a fine mese. Le norme di favore prevedono la possibilità di pagare la metà del contributo minimo, con la possibilità di colmare il gap entro i 10 anni. Un salvagente che, per una parte dell’avvocatura, rischia di mandare a fondo chi cerca di porgerlo.
«Premesso che la solidarietà è un dovere nei limiti in cui uno può permettersela – spiega il presidente dell’Unione Camere civili, Renzo Menoni – temo che sarà necessaria un’interposizione della Cassa per far andare in pensione chi ha una contribuzione molto bassa». Luciano è più ottimista: «Non condivido le proccupazioni sulle sorti della Cassa: chi verserà poco prenderà poco ma, a differenza dell’Inps, noi offriamo la possibilità ai colleghi di sanare la loro posizione integrando quanto versato».
Quindi per entrare o restare dovrebbe bastare poco. Per l’ex presidente Alberto Bagnoli era il prezzo di un caffè: «I caffè sono due – sostiene Luciano -: 700 euro l’anno». Ma Luciano precisa che c’è dell’altro in cantiere: «Dobbiamo varare un regolamento di assistenza attiva: contiamo di farlo entro l’anno e di presentarlo in una conferenza nazionale dedicata al tema. Pensiamo al microcredito, ma anche ai finanziamenti europei per la piccola e media impresa, circa 100 miliardi. È importante formare una nuova classe di avvocati guardando al mercato: inutile sfornare migliaia di civilisti se la richiesta è un’altra». Motivo di soddisfazione per il neo presidente è un dato non ancora consolidato: «Gli avvocati che hanno pagato i contributi nell’ultimo anno sono il 90%, temevamo un calo, evidentemente c’è un attaccamento alla professione».
Per il neo presidente però l’Associazione nazionale giovani avvocati ha in serbo un’altra richiesta. «Per arrivare alla pensione – spiega il presidente, Nicoletta Giorgi – è necessario avere la possibilità di iscrizione retrodatata oltre i tre anni previsti e senza distinzioni di età. Naturalmente pagando quanto dovuto a rate». E così la posta si alza.
Patrizia Maciocchi