La Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la richiesta, presentata da alcuni consigli regionali, di referendum abrogativo della riforma della geografia giudiziaria. A promuovere l’iniziativa erano state nove Regioni: Abruzzo, Piemonte, Marche, Puglia, Friuli Venezia Giulia,Campania, Liguria, Basilicata e Calabria. L’ammissibilità del referendum che vuole cancellare il taglio di circa mille tra tribunali minori, sezioni distaccate di Corte d’appello e uffici del giudice di pace, era la prima della cause
in ruolo della camera di consiglio della Consulta (si veda il Sole 24 Ore del lunedì del 13 gennaio).
L’iniziativa dei consigli regionali
Si tratta della prima volta nella storia repubblicana che i Consigli regionali si sono fatti promotori di un referendum abrogativo, nella convinzione – condivisa anche dall’avvocatura – che questa riforma, voluta dal governo Monti e portata avanti
dall’esecutivo Letta, più che efficienza e risparmi, produca disservizi e penalizzi i cittadini.
Dopo il disco verde ricevuto due mesi fa dalla Cassazione sulla regolarità formale delle delibere con le quali i nove Consigli regionali hanno chiesto di sottoporre al giudizio
popolare la riforma, per il referendum non ha superato la prova più difficile, l’esame della Consulta, per la quale, probabilmente, il sistema giustizia non è in grado di funzionare anche abrogando la riforma, nel caso di una vittoria dei sì al referendum.