Per la seconda volta, viene bocciata la proposta di referendum sul taglio dei tribunali. La Corte costituzionale ha infatti dichiarato ieri inammissibili i quesiti proposti da cinque Regioni – Basilicata, Puglia, Sicilia, Abruzzo e Campania – nel tentativo di abrogare le norme che hanno disposto la revisione della geografia giudiziaria. Si ripete dunque il copione dello scorso anno, quando la Consulta bocciò un analogo referendum proposto dagli stessi consigli regionali.
La revisione delle circoscrizioni giudiziarie è un processo avviato dal governo Monti, quando ministro della Giustizia era Paola Severino, e proseguito, con pochi ritocchi, con Annamaria Cancellieri e con l’attuale guardasigilli Andrea Orlando. L’obiettivo è quello ovviamente di razionalizzare non solo gli uffici, ma anche e soprattutto le spese legate alla loro gestione. Percorso che si affianca al tentativo di portare fuori dai tribunali molto contenzioso civile, di informatizzare il processo e di cambiare il modo di fare giustizia in Italia.
I tre referendum , depositati l’11 settembre scorso, riguardavano in particolare le disposizioni contenute nel decreto legislativo 155/2012 sulla riorganizzazione degli uffici giudiziari, poi modificate dal decreto legislativo 14/2014. Il primo quesito chiedeva l’abrogazione delle misure sulla soppressione di 30 tribunali ordinari, delle corrispondenti procure, nonché di 220 sezioni staccate di tribunali ordinari; il secondo, l’abrogazione delle disposizioni relative solo al taglio dei 30 tribunali e corrispondenti procure, e non le sezioni staccate; il terzo, infine, chiedeva anche l’abrogazione della mancata previsione nell’ordinamento giudiziario dei circondari dei tribunali soppressi.
La legge del 2011 sul taglio dei tribunali era tra l’altro stata sottoposta al giudizio della Consulta anche attraverso una questione di costituzionalità sollevata da alcuni tribunali e giudicata infondata dalla Corte nel luglio 2013.