Il piano dei tagli è da ieri sul tavolo del ministro Andrea Orlando, pronto per essere girato a palazzo Chigi. Tagli dolorosi. Al ministero della Giustizia viene chiesto di rinunciare a 240 milioni di euro. Si consideri però che il bilancio complessivo del ministero ammonta a circa 8 miliardi di euro e di questa montagna di soldi, ben 6,5 miliardi sono destinati agli stipendi e quindi per definizione intangibili. Restano 1,5 miliardi di spese considerate «discrezionali» e su quelle si abbatterà la mannaia. Subito, immediati, occorrono 120 milioni di euro da sacrificare sull’altare della nuova legge di Stabilità che vanno a sommarsi ad altri 120 milioni di tagli come da precedente spending review. Per Orlando non sarà un’operazione facile. Se si guarda al complesso della spesa, quei 240 milioni di euro da risparmiare sembrano poca cosa. Appena il 3% delle spese. Ma se si escludono i capitoli di spesa intoccabili, perché certo non si possono decurtare gli stipendi, ché anzi alla Giustizia servirebbero più magistrati, più personale amministrativo nei tribunali, e più agenti penitenziari, allora le percentuali suonano molto diverse: a via Arenula dovranno tagliare le spese «discrezionali» del 13,5% circa. Significa ad esempio che salteranno molti rimborsi ai Comuni (salvo Roma e Napoli che chissà perché dipendono direttamente dal ministero), i quali sono costretti per legge ad anticipare le spese di funzionamento dei palazzi di Giustizia nel proprio territorio e avrebbero poi diritto a un rimborso a piè di lista. In teoria. Capita già da qualche tempo, infatti, che il ministero non saldi né in tempo, né per intero. Nel 2014 e nel 2015 di questo passo i rimborsi del ministero ai Comuni saranno ancora più lesinati. Ci saranno proteste, ma tant’è. A via Arenula, anzi, hanno cominciato a esaminare più occhiutamente di un tempo quelle spese e non è sfuggito che esistono enormi discrepanze tra un appalto per pulizie e l’altro, come anche per la vigilanza, o per la piccola manutenzione. Quanto al resto, non saranno tagli lineari, nel senso che il ministro ha fissato alcune priorità. La prima, non è accettabile tagliare sulle spese per il vitto ai detenuti e sul lavoro per chi è ristretto nei penitenziari. Lo Stato spende già troppo poco su questo versante i tagli sarebbero considerati vergognosi. La seconda priorità è salvaguardare l’informatica. Il Processo civile telematico è il fiore all’occhiello di questo governo. Dalla telematica stanno giungendo le soddisfazioni maggiori, sia in termini di tempo, sia di soldi risparmiati. Si pensa anzi al prossimo passo, ossia all’estensione del Processo telematico anche alle corti civili di appello, e poi alla giustizia contabile e amministrativa. Il sogno proibito è una accentuazione della informatizzazione pure nel penale. Figurarsi se il ministro può permettersi di tagliare sui computer e sul software. Ad Orlando non resterà che tagliare su tutto il resto: sull’acquisto di beni e servizi, cercando di garantire almeno la benzina alle macchine blindate e la carta per le fotocopie degli atti; sull’edilizia; sulle spese di giustizia in senso lato; sulle intercettazioni. La speranza è che si possa razionalizzare qualche voce di spesa lungo la strada, ma è anche altamente probabile che aumenterà il debito occulto del dicastero. Già oggi è debitore per almeno 500 milioni di euro nei confronti dei fornitori e dei Comuni di cui si diceva. Dall’anno prossimo, il debito rischia di aumentare ancor di più.
16.09.14 La Stampa – Giustizia, c’è il piano di risparmi. Ma il conto arriverà ai Comuni
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