19.01.15 Affari&Finanza – Tariffe minime, gli avvocati alla guerra con l’Antitrust

Avvocati contro Antitrust. Dopo la mano pesante del Garante della concorrenza, che lo scorso novembre ha comminato al Consiglio Nazionale Forense una sanzione pecuniaria di quasi 1 milione di euro (912.536,40 euro per la precisione) per aver ristretto la concorrenza, limitando di fatto l’autonomia degli avvocati in materia di compensi professionali, il Cnf è passato al contrattacco e ha impugnato il provvedimento. “Il 14 gennaio abbiamo depositato il ricorso presso il Tar del Lazio e chiesto la sospensiva del provvedimento dell’Antitrust”, anticipa a A&F il presidente Guido Alpa, che poi spiega che il Cnf, essendo un giudice speciale, non è assoggettato al controllo del Garante, che ha invece competenza in materia di imprese. “Ma gli ordini in generale, e il Cnf in particolare, non sono imprese”, puntualizza Alpa, che ritiene quello dell’Antitrust “un provvedimento abnorme e sproporzionato nella sanzione, un provvedimento assurdo che altera l’interpretazione corretta della disciplina della concorrenza e ignora la rilevanza dei codici deontologici”. Secondo il presidente del Cnf, l’Autorità dimostra di considerare, infatti, i codici deontologici come un limite al libero mercato, “quasi che il comportamento corretto dovesse essere considerato illegittimo – dice Alpa – E questo è assurdo”. Dal canto suo, l’Antitrust ha scritto nel provvedimento di 59 pagine: “Il presente procedimento non ha ad oggetto l’attività del Cnf nell’esercizio della sua funzione giurisdizionale, bensì quella svolta dallo stesso quale ente di autoregolamentazione di una professione. Inoltre, nel caso di specie non sono oggetto di istruttoria le disposizioni del codice deontologico forense, bensì atti adottati dal Cnf in applicazione del codice medesimo che incidono in senso anticoncorrenziale sul comportamento economico dei professionisti”. Due sono in pratica, i capi di infrazione. Primo: il fatto di aver pubblicato una circolare con cui il Cnf reintroduceva di fatto l’obbligatorietà delle tariffe minime, non più vincolanti dopo la cosiddetta “riforma Bersani” del 2006 ed effettivamente abrogate nel 2012. Secondo: il fatto di aver adottato un parere contro i siti Internet che propongono ai consumatori associati sconti sulle prestazioni professionali, in base alla tesi che ciò sarebbe in conflitto con il divieto di accaparramento della clientela sancito dal Codice deontologico della categoria. Due interventi – a detta dell’Antitrust – diretti a limitare la concorrenza tra avvocati sul prezzo e sulle condizioni economiche delle prestazioni professionali. Solo il Tar del Lazio dirà chi ha ragione. E se alcuni dicono che gli interventi del Cnf colpirebbero in particolar modo i giovani avvocati che si affacciano alla professione, altri scendono in difesa del Consiglio stesso. “Esprimiamo la nostra solidarietà al Cnf e stiamo valutando anche delle ipotesi di intervento ad adiuvandum”, dichiara Nunzio Luciano, presidente della Cassa Forense, che difende i parametri indicati dal ministero della Giustizia. “Senza una regolamentazione del sistema tariffario non si può garantire la professionalità dell’avvocato”, prosegue Luciano, che ricorda che bisogna sostenere anche i redditi dell’avvocatura. Basti vedere che il reddito medio degli avvocati è calato dai 41,6 mila euro del 2007 fino al di sotto dei 39 mila euro nel 2012. “Dobbiamo vedere, piuttosto, come fare per incrementare i compensi e trovare delle soluzioni che consentano ai circa 230 mila avvocati italiani di rimanere iscritti all’albo con redditi adeguati”, prosegue Luciano. Anche l’Organismo Unitario dell’Avvocatura (Oua) si schiera “al fianco del Cnf e di tutta l’avvocatura in questa battaglia”. Lo ribadisce il presidente Mirella Casiello, che considera “ingiusta e sproporzionata” la decisione dell’Antitrust e aggiunge: “Sembra un atteggiamento punitivo; un attacco allo stesso sistema ordinistico e ai principi etici che lo ispirano”. Di grave errore da parte dell’Antitrust parla poi anche Maurizio de Tilla, presidente dell’Associazione Nazionale Avvocati Italiani (Anai), in quanto non si considera che al 98% gli avvocati sono impegnati nell’attività di difesa davanti all’autorità giudiziaria. Secondo de Tilla i componenti dell’Autorità Garante “intendono annullare l’identità dell’avvocato nel processo”, identità che si connette “con quella di prestatore di opera intellettuale e non già di esercente attività imprenditoriale”, arrivando alla “conferma di un declino della cultura e della tenuta etica irreversibile di una logica mercatista che l’Antitrust ha fatto propria” e che non ha niente a che vedere con la funzione dell’avvocato. “S’impone necessariamente l’intervento della Corte dei Diritti dell’Uomo”, conclude de Tilla. Atteggiamento, invece, un po’ più critico verso il Cnf quello di Ester Perifano, segretario dell’Associazione Nazionale Forense (Anf): “È un provvedimento molto duro, e probabilmente la fattispecie considerata non meritava tanto, ma va detto che l’atteggiamento del Cnf nei confronti dell’Agcm è sempre stato di chiusura netta e di rifiuto. Auspichiamo, per il futuro, un cambio di rotta, che consenta agli avvocati di misurarsi con le norme in materia di concorrenza, alle quali siamo soggetti come lo sono tutte le attività economiche, con modalità meno conflittuali e più costruttive”.

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Stefania Pescarmona

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