Se la giustizia non sa fare a meno della carta

Crisi di crescita o nodi che vengono al pettine, dipende dal vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Di certo, al netto delle ottimistiche statistiche governative, più si diffonde la telematica nella giustizia e più emergono problemi. Di risorse insufficienti. Ma anche di mentalità dei giudici. Dopo l’obbligo di notifiche telematiche penali, ad esempio, al Tribunale di Milano da qualche giorno i cancellieri per atti oltre le 150 pagine sono tornati ai vecchi ufficiali giudiziari, almeno fin quando non verrà del tutto risolta «l’impossibilità per gli avvocati, a causa del non funzionamento di un link di sistema, di visualizzare i file voluminosi». Ma pure la testa delle toghe ha link da mutare. Nel civile, ad esempio, a titolo di sanzione per «lite temeraria» tre giudici della II sezione hanno accollato (a chi aveva perso la causa) anche 5.000 euro da versare al Fallimento: e di cosa mai si era macchiato il reprobo avvocato? Aveva depositato solo in formato telematico (come pretende la legge) la memoria conclusiva, «senza predisporre copie “di cortesia” previste dal protocollo fra Tribunale e Ordine degli Avvocati», così «rendendo più gravoso per il collegio esaminare la memoria». Il bon ton giudiziario non può certo fondare obblighi (e peraltro l’avvocato aveva depositato pure la copia di carta, persasi però in tribunale), è ovvio che gli avvocati (specie Oua e Anf) siano insorti. Per fortuna un altro giudice, quello delegato al fallimento, è subito intervenuto a rimediare e, ritenendo la presunta lite temeraria «fondata su un principio opinabile», ha approvato la rinuncia da parte del curatore a riscuotere i 5.000 euro. 

 

Articolo sul Corriere della Sera di Luigi Ferrarella

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