Possibile il ricorso contro i consiglieri già eletti in violazioneÈ legittimo il divieto di terzo mandato consecutivo per i componenti dei Consigli dell’Ordine forense. Le questioni sollevate dal Cnf sono state infatti giudicate infondate al termine della camera di consiglio della Corte costituzionale. In un comunicato diffuso ieri sera, la Consulta fa sapere «che è stato escluso che il divieto in questione – che comunque consente la ricandidabilità dopo un quadriennio di sosta – violi il diritto di elettorato passivo degli iscritti e ha considerato che la norma censurata realizza un ragionevole bilanciamento con le esigenze di rinnovamento e di parità nell’accesso alle cariche forensi».
La Corte si è inoltre pronunciata su un altro punto controverso, chiarendo che la misura oggetto della contestazione non ha portata retroattiva, come già affermato dalle Sezioni unite della Corte di cassazione con la sentenza 32781/2018.
Tutto da valutare l’impatto della sentenza, le cui motivazioni saranno peraltro disponibili solo tra qualche settimana, sulle elezioni forensi, sia su quelle già svolte sia su quelle in corso. Per i Consigli già eletti, sarà possibile, ma dovrà essere presentato ricorso visto che non pare plausibile una decadenza automatica, rimettere in discussione i posti di quei consiglieri già eletti in violazione del divieto. Per quelli, come a Firenze, dove le elezioni si dovranno svolgere a breve ed erano state sospese anche in attesa della sentenza, la procedura dovrà evidentemente tenere conto della lettura data dalla Consulta.
Tra i primi commenti quello dell’Anf, per bocca del segretario Luigi Pansini: «Adesso ci aspettiamo senso di responsabilità da parte delle istituzioni forensi nei comportamenti, nel rispetto delle regole, nell’assicurare che siano decisi velocemente tutti i reclami avverso i risultati elettorali impugnati. Ci auguriamo che la politica, il legislatore, gli avvocati si rendano conto di quanto sia urgente riformare la legge ordinamentale del 2012, nel rispetto della Costituzione e del principio della separazione dei poteri e nella convinzione che l’Avvocatura italiana ha bisogno di una governance, anche nazionale, eletta democraticamente».
La vicenda era deflagrata dopo che le Sezioni unite, nel dicembre scorso, avevano sottolineato che il limite del doppio mandato è funzionale all’esigenza di garantire un’ampia partecipazione alle funzioni di governo degli ordini da parte degli iscritti, favorendo l’avvicendamento «in modo tale da garantire la par condicio tra i candidati, suscettibile di essere alterata da rendite di posizione (…) nonché di evitare fenomeni di sclerotizzazioni nelle relative compagini».
In questa prospettiva la limitazione dell’elettorato passivo determinata dalla legge 113/2017 era stata giudicata legittima e ritenuta valida anche per la prima tornata elettorale successiva all’entrata in vigore della norma. La Cassazione aveva chiarito che i requisiti di eleggibilità vengono verificati necessariamente in prossimità o in coincidenza con le elezioni ma si riferiscono a presupposti di fatto verificatisi in precedenza.
Per il Cnf invece si profilava una irragionevole limitazione del diritto di elettorato attivo e passivo e un’altrettanto illegittima e irragionevole compressione dell’ambito di autonomia riservato agli ordini circondariali forensi, enti pubblici non economici a carattere associativo. Ancor più gravi dubbi poi venivano sollevati con riferimento alla portata della stretta, per cui, per il rispetto del divieto dei due mandati consecutivi, bisogna tenere conto dei mandati svolti, anche solo in parte, prima dell’entrata in vigore della legge che ha disposto il divieto, compresi quelli iniziati anteriormente all’entrata in vigore della legge 31 dicembre 2012, numero 247.
– Giovanni Negri –