A partire dagli anni ’90 e fino a pochi anni fa c’è stato un vero e proprio boom, mentre di recente la situazione si è stabilizzata e ora, complice anche la mancanza di prospettive certe, il fenomeno sembra aver registrato un’inversione di rotta. Ma sta di fatto che, attualmente, l’Abruzzo è una vera e propria terra di avvocati. In tutta la regione si contano ben 5.839 legali iscritti agli ordini forensi, con Pescara in testa e Sulmona in coda, ma il rapporto tra il numero di avvocati e quello degli abitanti nei diversi territori colloca L’Aquila al primo posto. I NUMERI. In Abruzzo ci sono otto ordini forensi – oltre a quelli dei quattro capoluoghi di provincia vi sono quelli di Avezzano, Lanciano, Vasto e Sulmona -, che ricadono nelle rispettive circoscrizioni giudiziarie. Il numero di iscritti va dai 1.659 di Pescara ai 288 di Sulmona, passando per i 384 di Vasto e i 569 di Avezzano. È presumibile che non tutti gli iscritti pratichino la professione; secondo le stime, infatti, lavorano come avvocati a tutti gli effetti e a tempo pieno circa il 60 per cento dei legali censiti. «Le aree geografiche non sono tra loro omogenee», spiega il presidente dell’Ordine degli avvocati di Pescara, Donato Di Campli, «i numeri pescaresi, ad esempio, chiaramente fanno riferimento all’intera area metropolitana e, infatti, il dato di Pescara è il meno eclatante. Il dato, probabilmente, è più eclatante nelle aree meno forti dal punto di vista economico, zone in cui si registra un elevato numero di avvocati e nelle quali si possono in effetti generare problemi di competizione tra colleghi». LO STUDIO. Secondo uno studio condotto dalla Das, compagnia del gruppo Generali specializzata nella tutela legale, in occasione del lancio della polizza “Difesa in Linea”, l’Abruzzo è la sesta regione per densità di avvocati, con un legale ogni 168 abitanti. Stando all’indagine, L’Aquila è prima a livello regionale e diciassettesima in Italia per densità di avvocati (uno ogni 149 abitanti). Segue Pescara, seconda in Abruzzo e diciottesima in Italia (un legale ogni 157 abitanti). Poi ci sono Chieti, ventiquattresima nella classifica nazionale (un legale ogni 182 residenti), e Teramo, ultima in Abruzzo, ma comunque fra le prime 30 province italiane (un avvocato ogni 186 cittadini). LE NOVITÀ. In un contesto di questo tipo, quando si decide di voler continuare con la professione, la risposta, un po’ come accade in ogni settore, è la diversificazione. «Si va verso una professione diversa rispetto al passato. Alcuni», spiega Di Campli, «hanno iniziato a fare anche altro: ne sono esempio gli amministratori di condominio e di società pubbliche». «Spesso», aggiunge Marcello Pacifico, segretario dell’Anf Pescara, il sindacato degli avvocati, «siamo legati a figure professionali vecchie e facciamo fatica a pensare a nuove attività, come la consulenza. Oggi è fondamentale l’evoluzione della professione». Diversificare sì, ma senza snaturare la professione. Al presidente dell’Ordine, ad esempio, non piace affatto l’iniziativa lanciata da alcuni supermercati, che hanno previsto la presenza di legali per dare informazioni ai clienti. «Viene meno il rapporto diretto tra avvocato e cliente e salta il concetto fondamentale di fiducia», sostiene Di Campli. ALTRI LAVORI. «Sono numerosi i colleghi che hanno deciso di cambiare lavoro», afferma Pacifico, «o stanno pensando di farlo». «In tanti», gli fa eco Di Campli, «fanno anche altro e traggono dalla professione legale solo una parte del proprio reddito. Questo è un nuovo fenomeno». In ogni caso non si può essere lavoratori subordinati né dipendenti di società, ma solo lavoratori autonomi senza iscrizione ad albi professionali. SCENDE IL REDDITO. In tempi di crisi si riducono anche i compensi dei legali e non c’è più il tariffario minimo previsto in passato. «Il reddito si è ridotto parecchio», riprende il presidente dell’Ordine, «ora si possono offrire prestazioni a prezzi bassi, la legge non lo vieta più. I giovani, a volte, pur di lavorare sono costretti ad accettare cifre vergognose ed umilianti; questo, chiaramente, danneggia l’intera categoria perché si sminuisce la professionalità della categoria». INVERSIONE DI TENDENZA. Proprio a causa dei compensi più bassi, ma anche per l’elevata tassazione, per i costi di gestione degli studi e, più in generale, per la mancanza di prospettive, di recente è diminuito il numero di giovani che intende avvicinarsi alla professione. «Negli anni ’90», evidenzia Di Campli, «c’è stato un ingresso di massa nella professione e l’onda lunga è andata avanti fino al 2006-2007. Ora, invece, si assiste ad una forte decrescita». Secondo il segretario del sindacato troppo spesso si guarda all’avvocato del passato e non a quello del futuro. «E a pagarne le conseguenze», conclude Pacifico, «più di altri sono proprio i giovani».
Lorenzo Dolce
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