20.05.20 Italia Oggi “Una sfida colta anche dagli studi professionali”

L’emergenza sanitaria da Covid-19 ha costretto anche i professionisti, dai commercialisti agli avvocati fi no ai consulenti del lavoro, a riorganizzare le loro attività, con uno smart working andato avanti per molte settimane. L’Osservatorio Professionisti e innovazione digitale del Politecnico di Milano ha allora indagato su come sono andate le cose: ad esempio, gli orari di lavoro fl essibili sono stati introdotti nell’80% degli studi; nei grandi studi molto diffuse anche le tecnologie per il lavoro agile (88%), il lavoro da casa (97%) e il lavoro per obiettivi (69%), mentre le piccole e micro strutture appaiono in ritardo e a rischio di emarginazione. Interessanti, soprattutto, le autorevoli testimonianze raccolte nel webinar organizzato dal Politecnico. Eccone alcune. Rosario De Luca (presidente della Fondazione consulenti del lavoro). Ci siamo attrezzati, c’è stata qualche criticità nella gestione dei nostri studi, ma comunque abbiamo lavorato sempre, giorno e notte e anche nei festivi. Da questa emergenza impariamo una lezione importante: ci siamo resi conto di quanto i collegamenti a distanza, da remoto, siano indispensabili, sia per la vita di tutti i giorni, sia per la professione. Un fi orire di piattaforme che rappresenta un patrimonio da utilizzare anche nella ripresa. Certo, in Italia servono infrastrutture migliori, perché spesso ci sono stati cali di banda. Giordano Milan, titolare dello studio Milan di Rovigo (consulenti del lavoro). Da lunedì 16 marzo abbiamo lavorato tutti da casa, tutti connessi e tutti operativi. Siamo in 15, e già dal 2006 in studio non abbiamo più carte e faldoni, ma tutto in digitale e accessibile da remoto. Anche il centralino lo abbiamo trasferito in remoto: di solito riceviamo 2.300 telefonate al mese, ma in questo periodo sono state molte di più, per i problemi legati ai vari decreti che uscivano a raffi ca, e le abbiamo gestite senza problemi. Facevamo due riunioni in videoconferenza, una alle 8,30 e una alle 15,30,e sono molto soddisfatto del lavoro svolto. Al punto che anche alla fi ne dell’emergenza continueremo con lo smart working e io ho già chiamato un architetto per rimodulare gli spazi dello studio. Per esempio, allestiremo una sala per i meeting da remoto, con un grande schermo per gestire al meglio tutti i collegamenti con l’esterno in conference. Modifi che strutturali, sia nello studio, sia nell’organizzazione del lavoro. Massimo Miani (presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili). Siamo stati ritenuti attività essenziale, quindi abbiamo continuato a lavorare durante l’emergenza: molto in smart working, poco in studio. Ho percepito diffi coltà per gli studi più piccoli, che hanno più problemi a lavorare da remoto, a digitalizzare tutti i documenti. Il problema vero per la nostra categoria sarà incassare i compensi per i lavori fatti in questo periodo, tenuto conto che tante attività entreranno in crisi. Di sicuro abbiamo operato in modo differente dal solito,e in futuro l’organizzazione del lavoro sarà diversa. Ad esempio, useremo molto di più le videoconferenze, e ci sposteremo meno: ci siamo resi conto di quanti costi abbiamo affrontato per convegni che potevano benissimo essere fatti da remoto. Pure lo smart working ha funzionato, e daremo più fl essibilità e possibilità di lavorare da casa ai dipendenti. Giulio Broggini, dello Studio Broggini di Varese (commercialisti). All’inizio dell’emergenza, in due giorni abbiamo attivato 40 postazioni da remoto con accesso al gestionale e ai fi le dei clienti. Siamo rimasti tutti al lavoro, nessuna cassa integrazione. Eravamo pronti poiché da anni investiamo nella digitalizzazione di tutti i documenti, in studio ciascuno ha un pc portatile, il server è in cloud, i documenti in share point, il centralino in cloud e ogni smartphone può anche rispondere al numero di telefono interno dello studio. Questa esperienza ha certamente dato una grande accelerata allo smart working e ai suoi indubbi vantaggi. Devo però ancora capire che genere di insegnamenti porto a casa: il lavoro agile, infatti, non signifi ca semplicemente lavorare da casa. Perché in questo modo si rischia l’isolamento di alcune persone. Inoltre, a mio parere, le videoconferenze quotidiane non sostituiscono lo sguardo che puoi avere quando sei uno di fronte all’altro: da remoto potresti non percepire le diffi coltà di qualcuno, è più complicato sentirsi parte di una squadra, e non è così facile farsi capire al volo dai clienti. Di sicuro la sfi da che accettiamo è quella di rivedere il nostro business model e cercare aggregazioni. Anche perché, come emerge dai rapporti dell’Osservatorio del Politecnico di Milano, gli studi più grossi sono quelli più effi cienti, dove i professionisti guadagnano di più, e anche quelli che supereranno più facilmente questa crisi.

Luigi Pansini, segretario generale dell’Associazione nazionale forense. Gli studi legali non sempre possono gestire i clienti da remoto o in conference call. Soprattutto perché non tutte le amministrazioni pubbliche sono già dotate di tecnologia e infrastrutture per operare da remoto (per esempio le cancellerie dei tribunali non sono in grado). Perciò è necessario che la società italiana nel suo complesso si digitalizzi.

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