Il dado è tratto: tra quaranta giorni, il 30 giugno, entra a regime il processo civile telematico. L’Italia delle cause infinite e dei legulei entra di slancio nel nuovo millennio, quello digitale, pur con le differenze tra tribunali che hanno il turbo e altri segnati da atavici ritardi, con avvocati che scalpitano e altri che quasi vorrebbero il ritorno alla stilografica, e poi problemi veri quali il “digital divide” per cui ci sono città dove Internet è davvero veloce e piccoli centri dove la connessione te la sogni. Eppure il ministro Andrea Orlando ha deciso che non è il caso di attardarsi. Nessuna deroga, si va avanti. E per una volta è un coro soddisfatto da parte delle associazioni che rappresentano la classe forense. Dato che i problemi ci sono eccome, e al ministero della Giustizia sanno che il prossimo mese sarà cruciale per non far abortire la riforma, saranno allestiti tre “tavoli” tecnici per seguire gli aspetti normativi, organizzativi, e amministrativi . Il terzo tavolo dovrà preoccuparsi anche dei rapporti con l’utenza, con i professionisti e dei problemi operativi delle cancellerie. «I “tavoli” – spiega il sottosegretario alla Giustizia, Cosimo Ferri – saranno l’occasione per accompagnare l’attuazione e eventualmente implementare le norme. Il processo civile telematico rappresenta un fondamentale strumento per migliorare l’efficienza della giustizia. Un’occasione importante». Con il processo civile telematico tutto passerà attraverso la posta elettronica: le comunicazioni tra giudice e avvocati, il deposito delle memorie, le notifiche, la consultazione degli atti, persino il pagamento del contributo unificato. Però sono gravi i risultati del monitoraggio effettuato dall’associazione dei giovani avvocati Aiga: esaminando 80 tribunali, si scopre che per le ingiunzioni digitali, compreso il pagamento telematico delle relative spese ed emissione on-line del decreto, sono pronti appena 36 tribunali su 100 (secondo il ministero invece sarebbero stati formalmente attivati il 61,43% dei tribunali). Vanno malissimo le procedure digitali per le separazioni consensuali: le pratiche on-line sono possibili appena nel 15% dei casi. Se si considera l’ambito esecutivo mobiliare, i tribunali che effettivamente permettono il deposito telematico dell’istanza di vendita ed il pagamento del contributo unificato rappresentano il 13% del totale. In ambito esecutivo immobiliare, sono il 16% i tribunali che permettono il deposito telematico dell’atto di pignoramento, dell’istanza di vendita ed il pagamento del contributo unificato. Ma c’è anche di peggio. Racconta Nicola Marino, presidente dell’Organizzazione unitaria dell’avvocatura, che pure è felice dell’avvento del processo civile telematico: «Purtroppo non possiamo eludere la realtà strutturale del Paese: l’informatizzazione è in alcune zone inesistente, in altre le connessioni sono lentissime con conseguenti interruzioni dei contatti. Per depositare documenti corposi o comprensivi di fotografie l’invio può impiegare anche ore. Bisogna innanzitutto, e necessariamente, intervenire sul sistema telematico per evitare eventuali interruzioni del servizio». Eppure la riforma è importante. Con il processo civile telematico, che si gestirà dalla propria scrivania, previo inserimento nel computer di una chiavetta di riconoscimento da parte dell’avvocato o del magistrato, ci si avvicina a quel futuro che piace a Renzi come a Beppe Grillo. «L’Italia – insiste Ferri – è tra i primi paesi d’Europa a portare avanti un simile progetto di digitalizzazione del processo : un’occasione unica per modernizzare la giustizia civile, garantire processi veloci ed assicurare nuove opportunità per tutti gli operatori».
21.05.14 La Stampa – Il processo civile diventa elettronico dal primo luglio
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