Le “spese di avvio” del procedimento di mediazione sono legittime e devono essere sempre versate, anche quando la mediazione si arresta al primo incontro.È la conclusione cui perviene con l’ordinanza n. 1694, depositata ieri, il Consiglio di Stato (IV Sezione, presidente Numerico, estensore Greco). Una decisione di notevole rilievo: pur resa nella fase cautelare, puntualizza con estrema lucidità i termini della questione, ponendo in chiara evidenza il vizio motivazionale in cui era incorso il Tar Lazio con la sentenza n. 1351 depositata il 23 gennaio (presidente Tosti, relatore Bottiglieri). Pur avendo ritenuto la nuova mediazione delle liti civili e commerciali conforme ai princìpi costituzionali, il Tar dichiarava illegittime alcune norme del Dm attuativo (180/2010) per contrasto con la normativa primaria introdotta dalla riforma del 2013. Al Tar – adito per una vicenda giudiziaria iniziata nel 2010 – erano bastate poche battute per annullare tre norme: le prime due sul versamento delle spese di avvio quando la mediazione è destinata ad arenarsi al primo incontroe la terza sulla formazione dei mediatori riferita agli avvocati-mediatori. Proprio sulle spese di avvio siè concentrata la querelle giudiziaria: il Tar aveva censurato la norma regolamentare, ritenendola contrastante con la disposizione primaria sopravvenuta, secondo la quale nonè dovuto il «compenso» all’organismo di mediazione «nel caso di mancato accordo all’esito del primo incontro».A tale conclusione il tribunale era giunto senza una motivazione approfondita e senza nemmeno dare conto della diversa interpretazione data dal ministero della Giustizia con la circolare del 27 novembre 2013, con cui si precisava che le spese di avvio non erano il compenso per la mediazione, bensì solo la determinazione forfetaria (in misura fissa ed unitaria) delle spese dell’organismo per la gestione dell’avvio della procedura. Dunque diverse dalle «spese di mediazione», che sono il compenso dell’organismo. Il Consiglio di Stato interviene con una pronuncia di sospensione puntuale e circostanziata, che scioglie ogni possibile incertezza: le spese di avvio non possono in alcun modo essere assimilate al compenso, quindi sono dovute dalle parti anche se la mediazione non va oltre il primo incontro. La motivazione evidenzia che il legislatore ha utilizzato un termine («compenso») «manifestamente generico e improprio, non trovando detta terminologia riscontro in alcuna altra parte della normativa primaria e secondaria de qua, nella quale si parla invece di “indennità di mediazione”, che a sua volta si compone di “spese di avvio” e “spese di mediazione”». Per cui le spese di avvio – che comprendono da un lato le «spese vive documentate» e dall’altro le spese generali sostenute dall’organismo di mediazione -«non appaiono prima facie riconducibili alla nozione di “compenso” di cui alla disposizione di fonte primaria». Così viene accolta l’istanza cautelare proposta dai ricorrenti (i ministeri della Giustizia e dello Sviluppo economico), devolvendo alla sede del merito la trattazione di tutti i residui profili oggetto di causa (comprese le questioni di legittimità costituzionale riproposte dall’originaria ricorrente, Uncc, con l’appello incidentale).
23.04.15 Il Sole 24 Ore – Mediazione, spese di avvio sempre dovute
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