23.09.13 Corriere Economia – Riparte la mediazione. Gli avvocati? Non conciliano

Amici mai. Il mondo dei mediatori e quello de gli avvocati proprio non si piacciono. Meno che mai adesso con la fase 2 della mediazione entrata in vigore dal 20 settembre. «È un errore – sbotta Nicola Marino, presidente dell’Oua, l’Organismo unitario dell’avvocatura -. Torna un sistema che nella sue precedenti applicazioni ha dimostrato di essere un fallimento. Non solo: è un’ingiustificata forzatura rispetto a una sentenza della Consulta che la dichiarava incostituzionale per eccesso di delega, pur elencando altri evidenti profili di possibile illegittimità. Ne cito due: l’evidente limitazione all’accesso alla giustizia per i cittadini ma anche la dubbia qualità e terzietà dei mediatori e degli organismi di conciliazione privati».
Nessuna apertura a una formula di compromesso? «La strada da intraprendere – continua Marino – non è quella di mettere filtri e ostacoli per evitare che la cittadinanza possa avvalersi del diritto a ricorrere a una giustizia pubblica e di qualità. Serve una netta inversione di rotta, guardando al futuro e alla modernità: con una macchina giudiziaria più efficiente puntando sulla managerialità, sul processo telematico ma anche sui sistemi alternativi proposti dalla stessa avvocatura come la mediazione facoltativa, negoziazione assistita e camere arbitrali».
Tra luci e ombre
Il mondo dell’avvocatura, come sempre, ha infinite varianti di scetticismo. «Noi ci siamo sempre battuti perché cambiassero radicalmente i termini dell’istituto della mediazione come era stato proposto dal ministro Alfano – ricorda Ester Perifano, segretario generale dell’Anf – . Ne abbiamo riconosciuto le potenzialità, ma abbiamo sempre denunciato il tentativo di imporre un metodo alternativo alla giurisdizione per la risoluzione delle controversie che prevedeva una obbligatorietà a pena di improcedibilità a costi insostenibili. Dunque la nostra posizione, è sempre stata conciliazione tendenzialmente gratuita, se obbligatoria». Però esistono punti di contatto e positività. «Certo – ammette Perifano -. Positiva è l’obbligatorietà della difesa tecnica anche se nell’85% dei casi, pur non essendovi obbligate, le parti già si presentavano in giudizio accompagnate dai loro avvocati. La vera novità importante è che saranno gli avvocati ad attestare e a certificare la conformità dell’accordo raggiunto alle norme imperative e all’ordine pubblico. Resistono, è ovvio, numerose criticità come per esempio, la conciliazione delegata dal giudice senza l’accordo delle parti. Ma è indubbio che gli avvocati abbiano l’opportunità di riappropriarsi della possibilità, che un tempo ne legittimava ruolo e funzione sociale, di garantire ai propri assistiti un risultato. Il tutto in tempi molto più ragionevoli».

Sempre in trincea
Naturalmente contraria anche l’Associazione nazionale avvocati italiani guidata da Maurizio de Tilla che ha passato anni a condurre la battaglia (perdente) contro la mediazione e che ancora propone modelli alternativi: «La giustizia ha bisogno di altro – afferma de Tilla -. Come l’estensione in tutti gli uffici giudiziari del processo telematico, un effettivo ufficio del giudice, l’assenza di sprechi e il corretto impiego delle risorse destinate alla giustizia, la introduzione del giudice laico con requisiti di indipendenza, professionalità, continuità ed equa remunerazione».
Resta da capire se davvero la mediazione non possa diventare anch’essa uno strumento davvero efficace con la collaborazione degli avvocati. Questa sarà la volta buona?

Isidoro Trovato

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