La riforma della geografia giudiziaria che prevede il taglio di 31 tribunali e di 220 sezioni distaccate non comporta alcun “impedimento o limitazione”. Anzi, garantirà una “giustizia complessivamente più efficace”. Con queste motivazioni la Corte Costituzionale ha dato il via libera alla riforma che entrerà in vigore il prossimo 13 settembre. L’unica sede salvata dai giudici è stata Urbino perché va garantita permanenza della sede giudiziaria nei capoluoghi di provincia .
GLI OSTACOLI Nonostante l’imprimatur di legittimità dell’Alta Corte e l’avallo del Capo dello Stato, la riforma continua però ad essere fortemente ostacolata, sia a livello locale che nazionale. Coincidenza ha voluto che lo stesso giorno in cui l’Alta Corte ha depositato la sentenza che ha ‘validato’ la riforma avviata dall’ex ministro della Giustizia Paola Severino, in Commissione Giustizia al Senato è stata approvata la proroga di un anno dell’entrata in vigore della nuova geografia. E’ ciò è avvenuto grazie a un voto bipartisan. «Il governo deve fare il suo decreto per eliminare gli errori fatti», ha reclamato Giacomo Caliendo, senatore del Pdl. Ma prima di mettere mano ad eventuali correttivi della riforma, il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri ha fatto sapere che intende monitorare gli effetti della riorganizzazione. La resistenza di larga parte dell’avvocatura e degli amministratori locali è ormai nota. Tanto da aver raggiunto il punto massimo di ‘querelle’ quando il ministro Cancellieri si era lasciata sfuggire a frase sulle «lobby che frenano le riforme». Ma la necessità di intervenire su una mappa giudiziaria ferma ai tempi dell’unità d’Italia è sempre stata sostenuta dai magistrati, Anm e Csm in testa. Obiettivo: maggiore specializzazione delle toghe e più efficienza della giustizia.
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