Intervista al segretario generale di Anf, Giampaolo Di Marco
I venticinque anni dell’Associazione nazionale forense, celebrati sabato a Pescara, sono l’occasione per il segretario generale, Giampaolo Di Marco, per riflettere sul presente e sul futuro dell’avvocatura. Con uno sguardo al congresso nazionale forense di Lecce, in programma agli inizi del prossimo mese di ottobre.
Avvocato Di Marco, l’Anf taglia un traguardo importante. Possiamo fare un bilancio di questo primo quarto di secolo di vita?
L’Associazione nazionale forense ha conservato nel corso degli anni la sua identità e la sua matrice, tipicamente sindacale, a favore dell’avvocatura. I numeri dell’avvocatura ci danno la dimensione dei cambiamenti che hanno attraversato la nostra professione. Nel 1997 gli avvocati erano circa 95mila, fino ad arrivare all’esplosione attuale di circa 250mila. L’Anf è stata sempre in grado di interpretare i bisogni dell’avvocatura, in quanto abbiamo sempre scelto di stare al fianco dei colleghi.
Il rapporto Censis- Cassa forense ha evidenziato una tendenza all’abbandono della professione. Come si corre ai ripari?
Come tutti i numeri, i punti dai quali guardarli possono essere diversi. Per esempio, le realtà geografiche portano a far emergere diverse situazioni nelle quali l’avvocatura si trova a operare e prova a misurarsi. Quando è nata l’Anf, come ricordato poco fa, c’erano 95mila avvocati, mentre oggi ce ne sono circa 250mila. Potremmo dire che la fase espansiva in termini di attrazione dell’avvocatura è sicuramente arrivata al picco massimo e comincia ad avere una lenta e inesorabile discesa. Muta anche l’approccio dei singoli soggetti che si affacciano allo studio del diritto per poi approdare alla professione forense. Mi spiego meglio.