Alla vigilia dell’entrata in vigore del decreto legge 90 che sancisce l’avvio del processo civile telematico, nelle aule dei palazzi di giustizia ci si interroga sulla nuova organizzazione con molta preoccupazione sopratutto per la carenza di strumenti : dalla rete, ai computer, alla formazione.
Su questi temi si sono interrogati ieri anche gli operatori della giustizia napoletani in occasione del convegno «Giustizia digitale: efficienza, prospettive, spazi dell’autogoverno», promosso da Magistratura Indipendente, che si è svolto nel Tribunale partenopeo.
Dal 30 giugno, sarà obbligatorio depositare telematicamente tutti gli atti per i nuovi processi, mentre per quelli già iniziati, l’obbligo decorrerà a partire dal gennaio 2015.
Piuttosto, sono molto forti i timori della vigilia. .
Ma sia chiaro, per i giudici napoletani, non ci si può attendere dalla giustizia digitale la soluzione di tutti i mail. «Il processo telematico _ osserva Lorenzo PONTECORVO, presidente della sezione civile del Tribunale di Roma e oggi unico giudice di merito civilista candidato al CSM _ non inciderà sul profilo giurisdizionale. Non saranno emanate più sentenze poiché il giudice già produce molto. Un fascicolo telematico o cartaceo non cambia la decisione. Insomma, una riforma seria della giustizia civile richiede sopratutto potenziamento degli organici e investimenti».
Di simile intonazione, poi, la testimonianza degli avvocati. Per Francesco Caia, presidente dell’Ordine degli avvocati di Napoli : « L’avvocatura vuole partecipare all’organizzazione del nuovo processo! ed ha già assunto un ruolo molto attivo! sopratutto con iniziative di formazione. Ma finora c’è stata scarsa concertazione tra operatori e ministero della giustizia».
Si tratta in ogni caso di dover colmare un grave ritardo nell’utilizzo dell’informatica nel settore della giustizia, per Giuseppe Corasaniti, della Procura generale presso la Corte di Cassazione. Ritardo rilevato anche da Tommaso Frosini, ordinario di diritto pubblico :«econdo dati Eurostat il 34% degli italiani non utilizza il web, contro la media europea del del 21%».
Buone pratiche in tema di utilizzo di sofisticate dotazioni informatiche sono state ricordate da Gennaro Vecchione, comandante della Guardia di Finanza.Alla vigilia del debutto del processo civile telematico (varato con il decreto legge numero 90), lunedì prossimo, nelle aule dei palazzi di giustizia ci si interroga sulla nuova organizzazione con molta preoccupazione soprattutto per la carenza di strumenti: dalla rete ai computer alla formazione.
Da lunedì 30 giugno sarà obbligatorio depositare telematicamente tutti gli atti per i nuovi processi, mentre per quelli già iniziati, l’obbligo decorrerà a partire dal gennaio 2015.
«Un’opportunità l’avvio del processo telematico – per il presidente della Corte d’appello di Napoli, Antonio Buonajuto – ma che non risolve il problema di un appesantimento normativo e procedurale che da tempo imbriglia e paralizza l’attività giudiziaria».
Piuttosto, sono molto forti i timori della vigilia. «Siamo agli inizi di un percorso – chiarisce Antonio D’Amato, sostituto procuratore e segretario distrettuale di Magistratura Indipendente – che dovrà vedere tutti gli operatori dai giudici agli avvocati alle università in un ruolo da protagonisti. Anche perché si dovrà affrontare una situazione molto complessa: con poche strutture, scarsa formazione».
Ma – sia chiaro – per i giudici napoletani, non ci si può attendere dalla giustizia digitale la soluzione di tutti i mali.
Di simile intonazione, poi, la testimonianza degli avvocati. Per Francesco Caia, presidente dell’Ordine degli avvocati di Napoli: «L’avvocatura vuole partecipare all’organizzazione del nuovo processo! Ed ha già assunto un ruolo molto attivo! soprattutto con iniziative di formazione. Ma finora c’è stata scarsa concertazione tra operatori e ministero della Giustizia».
Si tratta in ogni caso di dover colmare un grave ritardo nell’utilizzo dell’informatica nel settore della giustizia, per Giuseppe Corasaniti, della Procura generale presso la Corte di Cassazione. Ritardo rilevato anche da Tommaso Frosini, ordinario di diritto pubblico: «Secondo dati Eurostat il 34% degli italiani non utilizza il web, contro la media europea del del 21%».
Buone pratiche in tema di utilizzo di sofisticate dotazioni informatiche sono state ricordate da Gennaro Vecchione, comandante della Guardia di Finanza.