La disciplina transitoria prevista dal nuovo decreto sulle specializzazioni forensi introdurrà una sorta di sanatoria di dieci anni in merito ai corsi di formazione già svolti dai legali prima dell’approvazione del nuovo emanando dm e di quello del 2015. Inoltre, non si riesce a capire il criterio logico con il quale sono stati individuati i settori di specializzazione. È quanto scritto da Luigi Pansini, segretario generale di Anf (Associazione nazionale forense), nelle osservazioni inviate alla deputata Carla Giuliano (M5s), relatrice del parere che la commissione giustizia della Camera dei deputati dovrà rendere sullo schema del dm sulle specializzazioni forensi. Lo scorso 26 febbraio, in commissione, la relatrice ha chiesto altro tempo per ulteriori approfondimenti prima dell’espressione del parere. «Il decreto», si legge nelle osservazioni dell’Anf, «introduce una disciplina transitoria diretta ad estendere la norma, anch’essa transitoria, prevista dall’art. 14 del dm 144/2015 (il decreto sulle specializzazioni bocciato dal Tar), a coloro che abbiano conseguito un attestato di frequenza nei cinque anni precedenti l’entrata in vigore del regolamento, in assenza di una disciplina di riferimento». Questo provocherà un allungamento del periodo transitorio: «il decreto», spiega Pansini, «entrato in vigore nel 2015, garantiva quindi l’accesso a tutti i legali che avessero svolto un corso da lì al 2010, ovvero prima ancora dell’entrata in vigore del decreto stesso. Il nuovo dm, replicando in toto la sanatoria, entrerà in vigore presumibilmente nel 2020 e quindi gli effetti della «sanatoria» varranno per dieci anni». Nel documento è scritto anche che «non si evince il criterio logico, concreto e univoco utilizzato per individuare l’elenco dei settori». La defi nizione dei settori di specializzazione è stata uno degli aspetti più problematici nella stesura del decreto, pubblicato per la prima volta dal Ministero della giustizia nel 2015. Il Tar prima e il Consiglio di stato poi avevano annullato il dm affermando, in merito alla scelta dei settori, che non si riesce a cogliere «quale sia il principio logico che ha presieduto alla scelta delle diciotto materie». Il problema appare però superato, visto che lo scorso 19 dicembre Palazzo Spada ha dato il suo ok alla nuova versione del decreto.