29.05.21 Repubblica Bari – Pansini: “La riforma della giustizia su cose reali”

di Chiara Spagnolo

«Bando agli slogan, la Riforma della giustizia deve affrontare questioni concrete fondamentali come la digitalizzazione ma anche intervenire sulla durata delle indagini e rivedere il sistema sanzionatorio» : il segretario generale dell’Associazione nazionale forense, Luigi Pansini, parte da punti fermi e non tace l’esistenza di una questione morale impellente, sia nella magistratura che nell’avvocatura.

La pandemia ha esacerbato limiti ed evidenziato problemi dell’attuale sistema di gestione della giustizia. Cosa è urgente modificare?

<Servono subito un’operazione verità e una narrazione che non sia caratterizzata da slogan: spiegare come funziona il comparto giustizia, il perché non è possibile assumere nuovi magistrati, cosa si intende per giudizio pendente.

Poi, occorre digitalizzare tutta l’amministrazione giudiziaria, dotare il giudice di pace del processo telematico, realizzare un’unica piattaforma per i processi civili, penali, tributari e amministrativi. Infine, serve una seria riforma della magistratura onoraria.

Ma adesso abbiamo le proposte processo civile e sul processo penale delle commissioni istituite dalla Cartabia e queste vanno attentamente studiate>.

Partiamo dai tempi del processo: le ipotesi di modifica del sistema della prescrizione possono servire a ridurli?

<Il dibattito sulla prescrizione è sempre più politico che tecnico e ci si dimentica spesso che la prescrizione è l’effetto e non la causa della lunga durata dei processi penali. Occorre innanzitutto intervenire sulla durata delle indagini preliminari e rimodulare tutta la normativa di attuazione in ordine alla tenuta e gestione dei registri relativi alle notizie di reato, custoditi presso le Procure, al fine di prevenire la prassi di eluderne il termine di durata complessiva. Lo ripeto, leggiamo attentamente le proposte della commissione Lattanzi>.

Nel processo civile arbitrato, mediazione, negoziazione assistita sono gli strumenti messi in campo per chiudere le controversie senza arrivare davanti al giudice. In Italia c’è un ricorso eccessivo alle cause civili?

<Il tasso di litigiosità in Italia è pari a quello francese e spagnolo e le cause del contenzioso civile non vengono analizzate. Nuovi diritti che chiedono tutela, Inps e PA che detengono il record negativo di cause in cui sono coinvolte, proliferazione legislativa che genera contrasti tra norme: si dovrebbe partire sempre dalle cause di un fenomeno ma, invece, si preferisce eluderle. Gli strumenti alternativi hanno necessità di un solido impianto culturale e, soprattutto, necessitano di un processo che funzioni: la mediazione funziona solo se il processo civile funziona. Altri strumenti di risoluzione alternativa delle controversie si sono rivelati efficaci in ambiti specifici, come quello dei rapporti familiari>.

Il consigliere del Csm Giovanni Zaccaro ha ribadito come a ingolfare i Tribunali sia anche l’eccesso di reati da perseguire e riproposto la depenalizzazione di fattispecie meno gravi. Lei è d’accordo?

<Sono d’accordo. Il momento è propizio anche per rivedere il sistema sanzionatorio, ridurre i casi di espiazione della pena in carcere ed introdurre pene principali diverse da quelle detentive, come avvenuto in altri Paesi come la Francia, il Regno Unito e la Germania. Ci auguriamo, poi, che si voglia seriamente affrontare il tema dell’esecuzione della pena intramuraria, intervenendo sul sistema delle misure di sicurezza e della cura del disagio psichico, sulle condizioni di vita all’interno degli istituti penitenziari, sulla tutela e sui diritti delle detenute madri e dei detenuti stranieri, anche guardando agli aspetti della salute, del lavoro, dell’istruzione e della dimensione affettiva>.

Le riforme degli anni scorsi non hanno affrontato il problema della produttività dei magistrati. Tra le ipotesi di riforma al vaglio è stata inoltre riproposta la separazione delle carriere di giudici e pm.

<Le riforme degli anni scorsi non hanno affrontato le vere criticità della giustizia. Eppure, i rapporti di via Arenula del triennio 2014-2016 le hanno evidenziate proponendo possibili soluzioni che, però, sono rimaste nel cassetto a causa delle resistenze della magistratura, del poco coraggio della politica e del disinteresse dell’avvocatura. Più che di produttività, parlerei di organizzazione del lavoro negli uffici giudiziari, di troppi magistrati nei ministeri e dell’atteggiamento pilatesco degli ordini circondariali forensi nel momento della valutazione dei magistrati. Sulla separazione delle carriere, manca ancora l’approfondimento tecnico-giuridico per comprendere pienamente le ragioni pro e quelle contro e le ricadute sull’intero sistema; al momento, la discussione è tutta politica>.

In Puglia, negli ultimi due anni, inchieste giudiziarie hanno portato alla luce casi di presunta corruzione di magistrati e anche di avvocati. Le categorie hanno gli anticorpi per tutelarsi?

<Gli anticorpi ci sono, ma anche loro sono un po’ sotto stress e faticano a riprendersi e a reagire come dovrebbero. Il presidente Cassano ha parlato di questione morale all’interno della magistratura e sono d’accordo. Ma anche l’avvocatura ha i suoi problemi e le sue difficoltà; per esempio, il limite del doppio mandato ha evidenziato, tanto a Roma quanto a livello locale, Bari compresa, le storture del carrierismo politico forense e il venir meno del senso delle istituzioni, con un danno d’immagine per tutta l’avvocatura>.

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