Il Consiglio di stato boccia il regolamento sulle specializzazioni forensi. Con la sentenza n. 5575/2017 depositata ieri, infatti, Palazzo Spada ha respinto il ricorso proposto del ministero della giustizia un anno fa avverso le pronunce del Tar Lazio, che avevano ritenuto illegittimo il dm n. 144/2015, per quanto riguarda la scelta delle materie di specializzazione e la previsione di un colloquio presso il Consiglio nazionale forense per l’ottenimento del titolo di avvocato specialista per comprovata esperienza. Il Consiglio di stato non solo ha confermato l’illegittimità dell’elenco dei settori di specializzazione e della previsione di un colloquio presso il Cnf, ma ha dichiarato illegittima anche la previsione di un numero massimo di specializzazioni e di una nuova fattispecie di illecito disciplinare, previsto per l’avvocato che spende il titolo di specialista senza possederlo. La norma regolamentare, secondo i giudici amministrativi, è infatti illegittima se vuole ampliare l’ambito delle fattispecie rilevanti, mentre è superflua e illogica se invece intende riportarsi alle condizioni già espresse dal codice deontologico forense. L’art. 3 comma 3 della legge professionale rinvia infatti al solo codice per l’individuazione dei fatti di rilievo disciplinare. Per quanto riguarda il numero massimo di specializzazioni conseguibili, secondo il Consiglio di stato è illegittimo per via «della acclarata irragionevolezza della suddivisione relativa che individua ambiti con termini e settori affini, tanto da far apparire egualmente irragionevole la limitazione impugnata. È evidente che rivisitazione dell’elenco e individuazione di un limite ragionevole e congruo dovranno andare di pari passo». Sul colloquio presso il Cnf, il Consiglio di stato contesta invece il fatto che la norma abbia contorni «nebulosi». «La doglianza dell’Amministrazione», si legge nella sentenza, «a detta della quale contenuti e modalità del colloquio dovrebbero essere desunti da una visione complessiva d e l l a normativa di settore, è s o stanzialm e n t e generica». I giudici a m m i n i strativi non contestano infatti l’adozione dello strumento prescelto dal regolamento, ovvero il colloquio, «ma la circostanza che tale strumento abbia contorni nebulosi e indeterminati, anche perché l’attribuzione di competenza in materia al Cnf «in via esclusiva» non può risolversi in una sorta di delega in bianco». Opposte le reazioni da parte della categoria forense, che si è nettamente divisa sul regolamento specializzazioni, con l’Associazione nazionale forense che rientra tra quelle che hanno dato battaglia al decreto ministeriale. «Non ci interessa rivendicare la correttezza e la coerenza della nostra posizione, portata avanti nell’esclusivo interesse degli avvocati, ma ci preme affermare», sottolinea il segretario generale, Luigi Pansini, «in prima battuta che le specializzazioni sono un patrimonio dell’intera avvocatura e non un territorio di caccia delle associazioni specialistiche che in questa vicenda hanno pensato unicamente al rispettivo ambito di competenza sostenendo posizioni francamente incomprensibili e demolite dal Consiglio di stato». Le cinque associazioni specialistiche (civilisti, penalisti, giuslavoristi, familiaristi e tributaristi) hanno invece diramato una nota congiunta, affermando che «nonostante la legislatura sia al termine, noi confidiamo che sia ancora possibile completare l’iter regolamentare delle specializzazioni, l’ultimo tassello importante della incompiuta riforma della legge professionale»
Gabriele Ventura