Il Sole 24 Ore – Giovanni Negri – Alla fine tutta l’insofferenza dell’avvocatura per la politica della giustizia penale targata Lega e 5 Stelle si cristallizza in un pacchetto di mozioni approvato a larghissima maggioranza dal Congresso nazionale forense convocato a Roma in sessione ulteriore rispetto a quella dell’ottobre scorso a Catania. E se quest’ultima aveva fatto registrare un’ampia apertura di credito a una maggioranza inedita e a un ministro avvocato, pochi mesi dopo la disillusione è diffusa. Bonafede neppure si è presentato e nemmeno ha mandato quel messaggio scritto che permette in genere di salvare le apparenze.
E allora, visto che uno dei cardini della discussione era rappresentato dal processo penale, il contenuto delle mozioni, condivise dalla platea congressuale che sabato le ha votate dopo avere applaudito venerdì la notizia dell’astensione dalle udienze indetta dalle Camere penali, si muove tra l’aperta polemica e l’avvertimento preventivo. Quanto alla prima, si mette nero su bianco la contrarietà a quella che viene bollata come vera e propria «deriva», approdo di un «vento giustizialista»: la richiesta sempre più insistente di pene esemplari che in qualche caso propongono pure un attentato al diritto all’integrità fisica del condannato.
E poi la prescrizione, con un intervento che da subito è stato contestato dall’avvocatura, perché, si ripete in maniera quasi ossessiva, oltre che compromettere un principio di equità e civiltà giuridica rischia di rivelarsi inutile, dal momento che la gran parte delle prescrizioni matura nella fase delle indagini preliminari. Di qui allora l’opportunità di individuare forme di estinzione dell’azione penale, con previsione di improcedibilità per mancato rispetto dei termini, e forme più incisive di controllo giurisdizionale sulle indagini.
Dal congresso arriva anche la proposta di introdurre quattro fasce di prescrizione a seconda della gravità del delitto, da 20 a 5 anni. Da modificare poi anche le misure interdittive antimafia che oggi, tra l’altro, impediscono alle imprese un reale contraddittorio anche davanti al prefetto. A non convincere della riforma anche le limitazioni all’appello e il trasferimento di competenze in materia di notifiche dalla polizia giudiziaria agli avvocati.