Cartabia vede il premier e avvisa i partiti: ora soluzioni condivise

La riforma del processo civile è nelle mani del governo, in fase di bollinatura (il timbro della Ragioneria dello Stato per la copertura finanziaria, ndr), e sta per approdare alla commissione Giustizia del Senato. Sul penale le mie proposte sono pronte, le sto condividendo con il premier per poi presentarle ai rappresentanti politici. E nelle prossime settimane arriverà anche la riforma dell’ordinamento giudiziario e del Consiglio superiore della magistratura: la commissione ministeriale presieduta da Massimo Luciani sta terminando i suoi lavori e poi ci sarà un mio lavoro di sintesi».

La «condivisione» con il presidente del Consiglio è un passaggio essenziale. La giustizia è un tema sensibile per Draghi, consapevole che i finanziamenti del Recovery fund dipendono anche dalle garanzie che potrà fornire su questo fronte: processi più rapidi e sistema giudiziario più efficiente servono ad attirare investimenti e rassicurare imprenditori e operatori economici. Ma c’è pure un problema di credibilità della magistratura, e di fiducia dei cittadini da recuperare. Ne ha parlato in maniera quasi accorata, proprio a Palermo, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, sottolineando la necessità di riforme sollecite e incisive.

 

Cartabia coglie e rilancia quelle parole: «Non posso che esprimere profonda e sentita gratitudine per il presidente che ha dato voce a una preoccupazione avvertita da molti, che anche io sento particolarmente come d’altra parte lo stesso presidente dell’Associazione magistrati. Il capo dello Stato ha richiamato tutti a farsi carico delle proprie responsabilità, e le sue parole così solenni devono diventare impegno concreto da parte di tutti». A cominciare dai pm e giudici, con cui la ministra si mostra riconoscente: «La stragrande maggioranza di loro profonde quotidianamente il proprio impegno al riparo dai riflettori e spesso in condizioni difficili, molti su terreni particolarmente esposti e delicati».

 

Il riferimento è a indagini e processi in cui ancora si cerca di fare luce sugli aspetti rimasti oscuri delle stragi di mafia e terrorismo che hanno segnato la storia del Paese. Non a caso venerdì Cartabia sarà a Brescia per partecipare alla celebrazione del 47° anniversario dell’eccidio neofascista di piazza della Loggia che uccise 8 persone ne ferì 100.

 

Quanto alle riforme evocate da Mattarella, la ministra conferma che «è tempo di rompere gli indugi. Non possiamo rimanere indifferenti all’invito del presidente ad affrontare con decisione il necessario processo di cambiamento. Mi auguro che il suo appello sia ben presente a tutti, non solo oggi ma soprattutto nelle prossime settimane, quando si tratterà di trovare soluzioni condivise nelle sedi politiche».

 

Stavolta i destinatari delle parole della ministra sono i partiti di una coalizione tutt’altro che omogenea in materia di giustizia. Una situazione che Cartabia conosce bene, ma che è decisa ad affrontare. Domani incontrerà la delegazione dei Cinque Stelle, il partito che più di ogni altro fatica a digerire alcune delle proposte già illustrate ai capigruppo della maggioranza: dalla modifiche alla prescrizione (abolita dopo il giudizio di primo grado al tempo del governo Conte 1), al divieto per i pm di proporre appello contro le assoluzioni, ad altri aspetti suggeriti dalla commissione presieduta dall’ex presidente della Consulta Giorgio Lattanzi.

 

L’obiettivo è tagliare di un quarto i tempi attuali del processo penale, e per raggiungerlo si discuterà di dare più peso ai riti alternativi e alle alternative al carcere per scontare le pene, temi sui quali non sarà facile trovare soluzioni condivise. E la ministra ribadisce: «Le riforme devono essere portate avanti con urgenza, ma occorre anche altro; anche la norma più innovativa rischia di restare lettera morta se non viene fatta vivere nella coscienza dei suoi protagonisti, cioè di tutti gli operatori della giustizia. Le riforme possono trovare effettività solo se sarà raccolto lo spirito richiamato dal capo dello Stato che ha esortato la magistratura a ritrovare quella autorevolezza di cui godeva, come nella stagione successiva alle stragi».

 

E così si torna al 1992, e all’esempio di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Ieri Cartabia ha ricevuto la procuratrice europea Laura Kovesi, magistrata rumena che da ragazza guardava la serie tv La Piovra e che ha voluto visitare l’ufficio in cui lavorò Falcone al ministero. Un’esperienza che la Guardasigilli ha rievocato anche il giorno prima a Palermo con Maria Falcone, la sorella di Giovanni, parlando del passato ma del futuro: dalla gestione delle aziende sequestrate e confiscate alle mafie all’ergastolo ostativo. Altri punti dell’impegnativa agenda di Marta Cartabia.

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