Il Foglio, di Rocco Todero –
IL DISCORSO DI INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO DEL PRESIDENTE (NOMINATO DA RENZI) CHE CI PIACEREBBE ASCOLTARE “Sia il Consiglio di Stato a tutti gli effetti solo ed esclusivamente una giurisdizione (e se necessario si modifichi la Costituzione); un Tribunale con i caratteri tipici della giurisdizione, che rassicuri cioè i cittadini della sua indipendenza, terzietà ed imparzialità”
Oggi, martedì 16 Febbraio, il nuovo presidente del Consiglio di Stato, Alessandro Pajno, nominato su espressa indicazione del Capo del governo Matteo Renzi, inaugurerà a Palazzo Spada l’anno giudiziario della giustizia amministrativa. Questo il discorso che ci piacerebbe ascoltare entili signori, desidero inaugurare l’anno giudiziario della giustizia amministrativa richiamando la Vostra attenzione su alcuni temi intorno ai quali si decide oramai della credibilità e dell’autorevolezza dell’Organo che sono stato chiamato a presiedere. La tradizione in virtù della quale il discorso di inaugurazione della giustizia amministrativa debba essere ricco di dati statistici sui ricorsi introitati e sulle sentenze emesse nell’anno precedente, oltre che sui principali orientamenti giurisprudenziali affermatisi nello stesso periodo, può ben lasciare il posto quest’anno a spunti di riflessione di maggiore interesse per il futuro del nostro ordinamento giuridico. Come sapete la mia nomina, voluta esplicitamente dal presidente del Consiglio dei ministri (con l’autorevolissimo avallo del Presidente della Repubblica) e non già direttamente dall’organo di autogoverno della magistratura amministrativa (Consiglio di presidenza), ha rappresentato una netta discontinuità nella tradizione della Repubblica ed è stata al centro di numerose e cocenti polemiche. La nomina, tuttavia, è stata perfettamente in linea con la lettera della legge n. 186 del 1982 che, all’art. 22, dispone: “Il presidente del Consiglio di Stato è nominato…, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del consiglio di presidenza.” E’ vero, l’attribuzione al governo del potere di nominare il Presidente di un organo giurisdizionale così importante come il Consiglio di Stato è un’anomalia che viola apertamente il principio di separazione dei poteri ed è, a ragione, sospettata di essere in contrasto con la Costituzione repubblicana. La norma richiamata, però, altro non è che l’emblema della duplicità istituzionale del Consiglio di Stato, per dettato costituzionale organo di consulenza giuridico amministrativa del governo e giudice per la tutela della giustizia nell’amministrazione. Un’ambiguità che non era presente nemmeno nell’Editto di Racconigi del 1831, per mezzo del quale l’allora Monarca Carlo Alberto decise di istituire il Consiglio di Stato esclusivamente perché fungesse da autorevole supporto alle decisioni amministrative di maggior rilievo. Un’inopportuna ambivalenza che consente ancora oggi al Governo di nominare una parte dei magistrati che vanno a comporre il Consiglio di Stato, il quale poi nelle vesti di Tribunale amministrativo dovrà decidere della legittimità degli atti del medesimo esecutivo. Un’inaccettabile commistione che consente ai consiglieri assegnati alle sezioni consultive di transitare nelle sezioni giurisdizionali e viceversa, cosicché quegli stessi magistrati che hanno contribuito alla redazione degli atti del Governopotranno poi essere chiamati a decidere della tutela degli interessi legittimi e dei diritti soggettivi dei cittadini avverso gli atti della medesima autorità pubblica. Un evidentissimo groviglio di conflitti avallato dalla legislazione che consente ancora oggi di nominare, sebbene fuori ruolo, consiglieri di Stato e magistrati dei Tribunali amministrativi regionali nei gabinetti, negli uffici legislativi di ministri e sottosegretari e persino nelle autorità indipendenti i cui atti sono soggetti al sindacato della giustizia amministrativa. Ritengo sia arrivato il momento allora di non tacere oltre sulla necessità di proporre, direttamente dalle stanze di Palazzo Spada, riforme che risolvano i potenziali conflitti di interesse cui ho fatto cenno, a tutto vantaggio della credibilità e dell’autorevolezza del Consiglio di Stato. Occorre in primo luogo modificare la legge che disciplina la nomina del presidente del Consiglio di Stato perché se ne affidi la competenza esclusiva all’organo di autogoverno della magistratura amministrativa. Ciò che non è possibile fare, tuttavia, è assecondare un perniciosissimo atto di ipocrisia in ragione del quale molti consiglieri chiedono, di fatto e senza utilizzare le procedure previste dall’ordinamento giuridico, la disapplicazione di una norma di legge chiara e dal significato univoco quale è quella che individua la competenza alla nomina del presidente del Consiglio di Stato. Il segnale che si trasmetterebbe ai cittadini chiedendo che una prassi istituzionale prevalga sulla volontà del Parlamento, sarebbe quello di un inaccettabile privilegio a favore di chi deve essere sottoposto solo alla legge e alla Costituzione. E’ necessario introdurre il divieto di passaggio di funzioni: i magistrati assegnati alle sezioni consultive non dovranno poter trasmigrare alle sezioni giurisdizionali e viceversa. E’ indispensabile introdurre il divieto di nomina governativa a Consigliere di Stato: i magistrati del supremo organo di giustizia amministrativa siano selezionati tutti per pubblico concorso. Sia negato al Governo il potere di nominare i giudici amministrativi. Deve essere fatto divieto assoluto ai magistrati del Consiglio di Stato e dei Tribunali amministrativi di potere essere assegnati, seppure fuori ruolo, a incarichi extragiudiziari di qualsiasi natura, se non a seguito di dimissioni irrevocabili dalla magistratura medesima. Il governo per lo svolgimento delle funzioni di consulenza all’interno dei propri uffici attinga alle numerosissime e valide professionalità presenti all’interno del mondo dell’accademia e delle professioni. Sia il Consiglio di Stato a tutti gli effetti solo ed esclusivamente una giurisdizione (e se necessario si modifichi la Costituzione); un Tribunale con i caratteri tipici della giurisdizione, che rassicuri cioè i cittadini della sua indipendenza, terzietà ed imparzialità.