Il Sole 24 Ore – Luigi Lovecchio – Con la pubblicazione dei codici tributo, la definizione agevolata entra nella fase pienamente operativa. Diventa così possibile risolvere alcune situazioni di urgenza strettamente collegate all’adozione dei provvedimenti attuativi dell’articolo 6 del Dl 119/2018.
Il più rilevante riguarda le controversie già discusse in Cassazione, in attesa del deposito della sentenza. Va ricordato che, in linea di principio, tutte le sentenze depositate dopo il 24 ottobre 2018 sono irrilevanti ai fini della sanatoria. Ciò che conta è che, alla suddetta data, non si siano già formati giudicati. Pertanto, se ad esempio è stata depositata una decisione della Ctp nel gennaio 2018 che non è stata impugnata, non è possibile definire la relativa controversia, poiché la pronuncia è passata in giudicato. Ai fini dell’ammissibilità della definizione, è anche necessario che alla data di perfezionamento della stessa non vi sia una sentenza definitiva.
Sempre in via generale, le sentenze depositate prima del perfezionamento della sanatoria non diventano mai definitive, per effetto della sospensione di nove mesi dei termini di impugnazione per tutto ciò che scade tra il 24 ottobre 2018 e il 31 luglio 2019. Non è così tuttavia nel caso delle controversie già discusse in Corte di cassazione, in attesa del deposito della sentenza. In tale eventualità, se il contribuente ha sentore che l’esito possa essere negativo, deve affrettare l’iter della definizione, con una vera e propria corsa contro il tempo.
Se infatti egli riesce a pagare la prima rata e trasmettere l’istanza prima che la sentenza sia pubblicata, ne vanificherà gli effetti. Invece, nella diversa ipotesi in cui venga fissata nei prossimi giorni la data di trattazione della causa in Cassazione, si può chiedere la sospensione del procedimento fino al 10 giugno 2019. Sarà, poi, sufficiente depositare copia della domanda e del pagamento per prolungare la sospensione fino al 31 dicembre 2020.
Un altro caso riguarda i procedimenti esecutivi in pendenza di giudizio. Al riguardo, la norma di riferimento non prevede nessuna sospensione degli atti di recupero. Il rischio è dunque che il contribuente si trovi a pagare degli importi anche ingenti che, all’esito della definizione, risulterebbero non dovuti. Sul punto si ricorda che le somme pagate in eccesso rispetto al costo della sanatoria non sono ripetibili. Una possibilità è la richiesta di sospensione cautelare al giudice che tuttavia richiede presupposti stringenti, in termini di gravità del danno paventato, che non tutti possiedono. È anche possibile chiedere la rateazione all’agente della riscossione. Se però si è già decaduti da un precedente piano di rientro, per chiederne un altro occorre pagare prima tutte le rate scadute.
Una prassi diffusa è allora quella di pagare la prima rata della definizione e, dopo la trasmissione della domanda di condono, chiedere all’agenzia delle Entrate la sospensione della riscossione, nelle more dell’esame dell’istanza di parte.