– Guida al Diritto, n° 33 –
Alla fine, tutto sommato, l’approvazione alla Camera della legge di conversione del DL 69/2013 e’ arrivata anche abbastanza rapidamente.
Innanzi tutto, va rilevato che, questa volta, l’iter è stato un po’ diverso dal solito : è vero che, in linea con i Governi precedenti, anche questo delle “larghe intese” ha ritenuto di porre la fiducia sul solito maxiemendamento modificativo, ma è anche vero ( particolare di non poco conto) che il testo votato era quello venuto fuori dal lavoro di approfondimento e modifica svolto dalle Commissioni.
Il che, rispetto a quanto accaduto negli ultimi anni, è sicuramente una novità positiva, perché il ruolo e la funzione del Parlamento non ne sono risultati troppo mortificati.
Il tutto in linea , peraltro, con quanto auspicato dall’ANF, convinta della necessita’ di interloquire direttamente con il Parlamento, avendo dovuto prendere atto, al pari delle altre rappresentanze dell’Avvocatura, della noncuranza del Ministro della Giustizia che, pur avendo assunto formalmente un impegno alla concertazione, aveva poi ritenuto di comportarsi diversamente.
Nei giorni immediatamente successivi all’approvazione e alla pubblicazione del DL 69/2013, l’ANF ha predisposto un analitico documento contenente spunti di riflessione e proposte emendative ( http://www.associazionenazionaleforense.it/wp-content/uploads/2013/07/Il-decreto-del-fare.pdf ) poi depositato in Comm.Giustizia Camera in occasione delle audizioni svoltesi agli inizi di luglio. La Commissione, dopo un primo, interlocutorio e non integralmente condivisibile parere di maggioranza, ha consegnato all’Aula ( e al Governo che, correttamente, ha deciso di recepirli senza frapporre ostacoli) numerosi emendamenti , alcuni decisamente condivisibili , altri meno, che disegnano tuttavia un risultato nel complesso positivo.
Il che potrebbe anche rappresentare la tappa iniziale di un percorso di riavvicinamento tra il legislatore e gli avvocati.
Andiamo con ordine, sinteticamente e dunque senza pretesa di esaustività.
Il Governo prima e il Parlamento poi ci propongono il “reclutamento” di 400 giudici ausiliari , destinati alle sole Corti d’Appello ( attualmente le più in sofferenza, avendo accumulato un arretrato al di fuori di ogni controllo e a fortissimo rischio di “legge Pinto”). A rigor di logica, non dovrebbe essere così poiché, è noto, i giudizi di impugnazione si esauriscono , pressochè sempre, in una unica udienza e quasi mai si svolge attività istruttoria. Il che significa che, negli anni passati, sicuramente più di una riforma non è stata ben tarata, e ha provocato l’esplosione di un contenzioso, che si e’ riversato quasi integralmente sulle Corti d’Appello, di fatto rallentandone oltremodo l’attivita’. Ad ogni modo, la misura proposta sembrerebbe, stando ai numeri, assolutamente insufficiente a risolvere rapidamente il problema dell’arretrato. Infatti, se è vero quanto dichiarato dal Ministro della Giustizia, e cioè che i processi d’appello arretrati sono circa 400.000, per effetto della normativa approvata ogni giudice ausiliare potrà definirne non più di 100 all’anno; si riuscirebbe, quindi, a rientrare nella “normalità” nell’arco di non meno di 10 anni ( ed infatti la normativa prevede sin da adesso che il giudice ausiliare venga nominato per 5 anni prorogabili per altri 5 ). Oggettivamente, decisamente troppi!
A parità di spesa, meglio sarebbe stato prevedere un numero doppio di giudici ausiliari per la metà del tempo. Ma è evidente che , nel caso specifico, i vincoli di bilancio hanno giocato un ruolo essenziale, poiché , sebbene l’irrisorietà della somma riconosciuta per ogni provvedimento che definisca un giudizio (€.200,00= , al lordo di ogni e qualunque onere) fanno rientrare l’intervento degli ausiliari nell’ambito del volontariato di fatto, evidentemente le risorse stanziate sono le sole che che le disastrate casse dello Stato italiano possono rendere disponibili per il settore.
Certo e’ che, per l’ennesima volta, agli avvocati ( per la precisione ai più giovani tra noi, essendo previsto che vengano prioritariamente nominati coloro che hanno minore età anagrafica, fermi i 5 anni di iscrizione all’Albo) viene chiesto di risolvere un problema, quello dell’arretrato, che essi non hanno certamente contribuito a creare. Basterebbe solo considerare i numeri , illuminanti, contenuti nel Dossier n.1/2013 pubblicato a maggio 2013 dal Servizio Studi del Senato : mentre in Germania vi sono 154,6 giudici, professionali e non, per ogni 100.00 abitanti, in Italia ve ne sono, professionali e non, solo 16,1!
Ad ogni modo, ferme tutte le numerose criticita’ che questa parte del provvedimento presenta, si tratta comunque di una delle pochissime misure degli ultimi anni che tenta di favorire le giovani generazioni di professionisti che, per una volta, verranno privilegiate nell’attribuzione dell’incarico. E, considerato che l’Italia non si puo’ certo definire un Paese per giovani, la scelta non puo’ che essere vista con favore.
Anche agli stagisti che accetteranno di prestare la loro opera presso gli Uffici giudiziari a supporto dell’attivita’ dei giudicanti, andando a comporre la prima cellula di quell’ufficio del processo di cui si parla da anni, verranno riconosciuti alcuni benefici : non economici, perche’ lavoreranno rigorosamente gratis, ma – e anche qui si tratta di una prima volta importante – essi acquisiranno un titolo specifico di preferenza per i concorsi indetti dall’amministrazione della giustizia, anche amministrativa, e dall’Avvocatura dello Stato, oltreche’ dalle altre amministrazioni dello Stato. Per la individuazione degli stagisti fa capolino, per la prima volta, un criterio meritocratico : occorrera’ la media del 27 e un voto di laurea magistrale non inferiore a 105/110. In definitiva, i nostri migliori laureati, soprattutto – ragionevolmente – quelli che aspirano ad entrare nelle fila della magistratura, avranno la possibilita’ di un percorso formativo alternativo a quelli tradizionali per l’accesso, ad esempio, al concorso in magistratura.
Qualche riflessione piu’ specifica meritano le modifiche apportate al d.Lgvo 28/2010 che introdusse la conciliazione obbligatoria a pena di improcedibilita’ per alcune materie.
L’Avvocatura, e’ noto, e’ stata sin dall’inizio estremamente critica nei confronti di questa scelta, voluta caparbiamente dall’allora Ministro della Giustizia, on.Alfano, ma non, come a molti ha fatto comodo accreditare, per una sorta di avversione tout court all’istituto. Semplicemente perche’, pur riconoscendone le potenzialita’ , non sono mai state condivise le modalita’ – a tratti anche offensive – attraverso le quali si pretendeva di imporre un metodo alternativo alla giurisdizione per la risoluzione delle controversie. Sembro’ ( e la Corte Costituzionale prima e il Parlamento poi, qualche giorno orsono, ne hanno infine convenuto) che introdurre una obbligatorieta’ a pena di improcedibilita’ a costi decisamente insostenibili (senza peraltro avere la garanzia del risultato) fosse un vero e proprio attentato allo stato di diritto, oltreche’ una formidabile limitazione, peraltro per odiosi motivi economici, del diritto di difesa costituzionalmente garantito. Gli avvocati, quindi, si sono sempre strenuamente battuti affinche’ cambiassero radicalmente i termini : tanto per iniziare, conciliazione obbligatoria si, ma tendenzialmente gratuita ( si esprime in questi termini la specifica mozione approvata al Congresso di Bari e da ANF ispirata). Oltre a numerose, ulteriori richieste che, finalmente, sono state recepite , in particolare dalla Comm.Giustizia che ha approntato il testo definitivo.
E cosi’, oltre alla totale gratuita’ del primo incontro in sede conciliativa, viene introdotta la competenza territoriale (sara’ la stessa dell’eventuale, successivo giudizio), vengono precisate le materie ricomprese nel raggio d’azione della legge (espungendone le piu’ controverse, come la RCA), viene previsto espressamente che la obbligatorieta’ sara’ a termine ( quattro anni, misura tutto sommato inutile, viste le altre ben piu’ rilevanti modifiche) e sara’ effettuato un monitoraggio dei risultati tra due anni (il che significa che ,se l’istituto neanche cosi’ riuscisse a decollare , il Governo potrebbe decidere di fare un passo indietro . E non sarebbe la prima volta : valga per tutti il recente ricordo del processo societario). Si prevede poi la obbligatorieta’ della difesa tecnica (ma gia’ nell’85% dei casi le parti, pur non essendovi obbligate, si sono in passato presentate in giudizio accompagnate dai loro avvocati), alla quale e’ ricollegato, importantissima novita’, il valore di titolo esecutivo per l’accordo raggiunto con l’assistenza degli avvocati delle parti. Cosi’ l’accordo potra’ essere utilizzato per l’espropriazione forzata, l’esecuzione per consegna e rilascio, l’esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonche’ per l’iscrizione della ipoteca giudiziale. Saranno gli avvocati ad attestare e a certificare la conformita’ dell’accordo raggiunto alle norme imperative e all’ordine pubblico.
Resistono, e’ ovvio, numerose criticita’, quali, ad esempio, la conciliazione delegata dal giudice senza l’accordo delle parti, addirittura anche in sede di giudizio di appello oppure la circostanza che il giudice possa desumere dalla mancat partecipazione alla conciliazione senza giustificato motivo argomenti di prova a sfavore nel successivo giudizio. Ma e’ indubbio che gli avvocati abbiano la opportunita’ di riappropriarsi della possibilita’, che un tempo ne legittimava ruolo e funzione sociale, di garantire ai propri assistiti un risultato. In tempi ragionevoli.
Si apre una prospettiva importante anche per i Consigli dell’Ordine , chiamati a potenziare gli Organismi di Conciliazione Forensi nell’esclusivo interesse dei cittadini, servizio ben piu’ rilevante rispetto ad improbabili quanto inutili sportelli di consulenza. Essi potranno svolgere l’efficace funzione di calmierare “il mercato”, inducendo i piu’ commerciali tra gli Organismi esistenti a garantire le conciliazioni a costi sempre piu’ contenuti.
Infine, il nuovo 791 bis affianca gli avvocati ai notai , individuandoli quali professionisti abilitati alla gestione della nuova procedura ivi contemplata, espressamente riconoscendo anche ad essi il potere di autentica delle firme, ove necessario, per eventuali specifiche esigenze della procedura stessa.
Insomma, tutte occasioni da cogliere al volo per cambiare , in meglio, la nostra professione.
Ester Perifano
Segretario Generale ANF