Fallimenti, la riforma punta sull’anticipo della crisi

Il Sole 24 Ore – 

Alla fine il testo della riforma della crisi d’impresa passa e viene approvato dal Consiglio dei ministri. «Salvo intese», però. Oramai il tempo era scaduto visto che la scadenza stabilita dalla legge è prossima. Ma alcuni nodi restano da sciogliere. Il principale, emerso nel corso della riunione, è rappresentato dall’inserimento dei consulenti del lavoro tra i professionisti che possono essere scelti dall’autorità giudiziaria come curatori. Dal Senato era arrivata una richiesta in questo senso, ma il giudizio del ministero della Giustizia era stato negativo, ritenendo che i consulenti non sono in possesso delle adeguate competenze contabili e di gestione dell’attività d’impresa o della liquidazione.

In generale, con la giornata di ieri arriva al traguardo un intervento che, quanto a percorso, risale alla passata legislatura, con l’istituzione di una commissione guidata dall’allora vicepresidente della Cassazione Renato Rordorf che stese prima la legge delega e poi una prima versione del decreto legislativo. Una versione che è andata poi a costituire una buona parte delle misure ieri approvate.

Nel merito, l’intervento è sicuramente ambizioso e rivede in profondità la Legge fallimentare. Per misurarne l’efficacia tuttavia bisognerà aspettare, dal momento che la maggior parte delle norme entrerà in vigore solo tra un anno e mezzo. Previsti innesti del tutto inediti e dalla forte portata innovativa e misure mirate, ma comunque significative. Tra i primi, senza dubbio va messo in evidenza il debutto delle procedure di allerta, vera araba fenice del diritto della crisi d’impresa, più volte evocata e mai tradotta in pratica. Significativo, nel contribuire a sbloccare l’impasse, è stato l’atteggiamento di Confindustria che, dopo un ormai storica e, per certi versi, anche anacronistica, ostilità, ha dimostrato un atteggiamento di maggiore apertura.

Il varo di un pacchetto di misure che dovrà favorire l’emersione tempestiva della crisi, con il contributo determinante degli organi di controllo interni (la cui adozione è stata estesa auna platea presumibile di circa 140.000 società a responsabilità limitata) e dei creditori istituzionali (Fisco e Inps), sarà tutto da accertare; per ora lo steso ministero della Giustizia stima in circa 15.000 le sole segnalazioni che potrebbero arrivare dall’amministrazione finanziaria e previdenziale.

E alla lista degli absolute beginners, dei debuttanti assoluti, va ascritta anche l’introduzione di una disciplina su misura per le holding, con una gestione unitaria della crisi dei gruppi d’impresa.

A ritocchi, comunque significativi, è stato poi sottoposto un istituto chiave come il concordato preventivo che ora sposa in maniera più determinata l’ipotesi della continuità, anche in via indiretta, sciogliendo nodi interpretativi sui quali pure di recente si era esercitata la Cassazione.

A testimonianza di quel “filosofico” oscillare del baricentro della nostra Legge fallimentare, l’autorità giudiziaria ora recupera spazio. Due indizi per una prova: il pm ha maggiori e autonomi margini di manovra nell’aprire il fallimento e il giudice delegato torna a potere valutare la fattibilità del piano di concordato.

Resta sullo sfondo, ma la delega non lo permetteva, la riscrittura di tutta la parte penale. Ma il ministro Bonafede ha assicurato che vi si metterà mano.

 

ALLERTA

Benefici a chi si attiva in tempo

Arriva la fase preventiva di allerta destinata ad anticipare l’emersione della crisi. La prospettiva di successo della procedura dipende in gran parte dalla propensione degli imprenditori ad avvalersene tempestivamente. Perciò è stato configurato un sistema di incentivi (sia di natura patrimoniale, incidenti sulla composizione del debito, sia di responsabilità personale e penale) per chi vi ricorre, e di disincentivi per chi invece non vi fa ricorso anche se ne esistono le condizioni. Introdotto l’obbligo, al superamento di determinati parametri, di segnalare i più significativi indizi di difficoltà finanziaria da parte dei principali creditori istituzionali (l’agenzia delle Entrate, l’Inps e gli agenti della riscossione delle imposte) o da parte degli organi di controllo societari, del revisore contabile o delle società di revisione

SOVRAINDEBITAMENTO

Consumatori con chanche di ripartire

La legge delega di riforma punta al recupero della capacità di spesa del debitore, con lo scopo di garantire una ripartenza benefica per lui e l’intero sistema economico. Il nuovo sistema promuove il ricorso all’esdebitazione, a patto che l’indebitamento non sia riconducibile a comportamenti fraudolenti, colpa grave o malafede: in questi casi al consumatore sarà possibile solo l’accesso alla procedura liquidatoria. Si è dato maggior peso all’esdebitazione, che rappresenta il vero obiettivo del consumatore per consentirgli nuove opportunità nel mondo del lavoro. In linea con i criteri stabiliti dalla legge delega, si è deciso di non esigere per l’ammissione alle procedure di sovraindebitamento requisiti soggettivi troppo stringenti. Introdotta poi una procedura su misure per la regolamentazione della crisi di famiglia

Accordi sul debito

Validità soltanto con il 60% di sì

Gli accordi di ristrutturazione dei debiti sono omologabili a condizione che siano stipulati con creditori che rappresentino almeno il sessanta per cento dei crediti. Essi devono essere accompagnati da un piano economico-finanziario che ne consente l’esecuzione, il cui contenuto è conforme a quello dei piani attestati di risanamento. Spazio a una nuova forma di accordi di ristrutturazione, definiti agevolati, perché possono essere stipulati con creditori che rappresentino almeno il 30% dei crediti, a condizione che il debitore non proponga la moratoria del pagamento dei creditori estranei e non richieda e rinunci a chiedere misure protettive temporanee. Allargata poi l’applicazione degli accordi a efficacia estesa, quelli che sterilizzano l’opposizione dei creditori finanziari

GLI INDICI DI CRISI

Determinanti i ripetuti ritardi nei pagamenti

Come indicatori della crisi sono individuati gli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore, che possono incidere sulla sostenibilità dei debiti per l’esercizio in corso o per i sei mesi successivi e sulla continuità aziendale, tenuto conto anche della presenza di significativi e ripetuti ritardi nei pagamenti, di durata diversa in rapporto alle diverse categorie di debiti.

Si attribuisce a un organo pubblico tecnicamente qualificato, il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti, il compito di elaborare ogni tre anni, in riferimento ad ogni tipologia di attività economica secondo le classificazioni Istat, specifici indici economici che dovranno essere sottoposti all’approvazione del Mise, che consentono di rilevare in modo più agevole, omogeneo ed obiettivo segnali di difficoltà

CONCORDATO

Rafforzata l’ipotesi in continuità

Incentivato il ricorso al concordato in continuità: quando cioè, con l’impresa è in situazione di crisi o anche di insolvenza, la proposta prevede il superamento di questa situazione attraverso il proseguimento (diretto o indiretto) dell’attività aziendale, sulla base di un adeguato piano che consenta, al tempo stesso, di salvaguardare il valore dell’impresa e, tendenzialmente, i livelli occupazionali, con il soddisfacimento dei creditori.

La proposta liquidatoria è ammessa solo se si avvale di risorse poste a disposizione da terzi (nuova finanza) che aumentino in modo significativo le prospettive di soddisfacimento per i creditori. Solo a questa condizione, infatti, il concordato diventa conveniente anche per i creditori, i quali otterrebbero altrimenti dal concordato addirittura meno di quanto potrebbero conseguire dalla liquidazione giudiziale

Liquidazione

Obiettivo taglio dei tempi

Più snella la fase dell’accertamento del passivo a partire dall’agevolazione della presentazione delle domande di ammissione dei creditori e dei terzi per via telematica, restringendo l’ammissibilità delle domande tardive. Quanto alla liquidazione dell’attivo, si prevede l’applicazione del sistema «Common» basato su tre elementi: un mercato nazionale telematico unificato dei beni da vendere nella procedura; la possibilità di acquisto da parte dei creditori, appositamente abilitati; l’istituzione di uno o più fondi per la gestione dei beni invenduti.

Delimitato l’ambito di applicabilità soggettivo individuato nell’imprenditore commerciale, e quindi, in chi esercita, anche non a fini di lucro, un’attività commerciale o artigiana, operando quale persona fisica, persona giuridica o altro ente collettivo

LA SOLUZIONE

In campo gli organismi «privati»

Si stabilisce la costituzione dell’organismo di composizione della crisi d’impresa (Ocri) presso ciascuna Camera di commercio, con il compito di gestire la fase dell’allerta per tutte le imprese e l’eventuale procedimento di composizione assistita della crisi per le imprese diverse da quelle minori (o imprese «sotto soglia»).

Prevista una tempistica veloce che inizia con l’audizione del debitore e degli organi di controllo societari, se esistenti: la loro convocazione e audizione dovrà avvenire in via riservata e confidenziale. Le modalità di gestione di questa fase devono garantire che i terzi non vengano a conoscenza della procedura, per evitare il diffondersi di inutili allarmismi che potrebbero pregiudicare l’immagine commerciale dell’impresa e la sua possibilità di accedere ulteriormente al credito

L’autorità giudiziaria

Per il Pm più margini di manovra

È previsto, in attuazione di un principio di delega, che il pubblico ministero presenta il ricorso per l’apertura della liquidazione giudiziale in ogni caso in cui ha notizia dell’esistenza di uno stato di insolvenza e che qualsiasi autorità giudiziaria che rilevi l’insolvenza nel corso di un procedimento lo debba segnalare al pubblico ministero. La disposizione restituisce centralità al ruolo del pm, insieme al ruolo attribuito a tale organo nelle procedure di allerta: al termine di queste ultime, infatti, al pm viene segnalata la mancata composizione della crisi in via stragiudiziale.

Per quanto riguarda invece il giudice delegato, va sottolineato il recupero, impedito dopo le ultime riforme, di un margine di valutazone sulla fattibilità del piano di concordato presentato da parte dell’imprenditore

Il penale

Bancarotta per ora incompiuta

Resta esclusa dalla riforma tutta la parte penale. La legge delega del resto non autorizzava un intervento sul punto. Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha peraltro già preannunciato la volontà di rivedere le varie fattispecie di bancarotta con l’istituzione di un gruppo di lavoro.

Gli interventi penali sono così stati assai circoscritti e concentrati sull’individuazione di un pacchetto di incentivi per favorire l’imprenditore che si muove tempestivamente per scongiurare l’insolvenza, anche con l’introduzione di una circostanza attenuante quando il danno complessivo non supera i due milioni di euro.

Allargata invece, per evitare usi strumentali, la bancarotta agli accordi di ristrutturazione omologati malgrado l’opposizione dell’amministrazione finanziaria

Il lessico

Cancellato il termine «fallimento»

La riforma rivede il lessico delle norme fallimentari prevedendo la sostituzione del termine «fallimento» con l’espressione «liquidazione giudiziale». La modifica dovrà operare anche in relazione alle disposizioni penali contenute nella legge fallimentare, garantendo comunque la continuità delle fattispecie.

La riforma distingue i concetti di stato di crisi e di insolvenza. La crisi è definita come lo stato di difficoltà economico-finanziaria che rende probabile l’insolvenza del debitore, e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate. L’insolvenza è intesa come lo stato del debitore che non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni e che si manifesta con inadempimenti o altri fatti esteriori

I CONTROLLI

Per le Srl più vincoli sul sindaco

Modificando il Codice civile, la nomina dell’organo di controllo o del revisore è obbligatoria se la società:

a) è tenuta alla redazione del bilancio consolidato;

b) controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti;

c) ha superato per due esercizi consecutivi almeno uno dei seguenti limiti: 1) totale dell’attivo dello stato patrimoniale: 2 milioni di euro; 2) ricavi delle vendite e delle prestazioni: 2 milioni di euro; 3) dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 10 unità. L’obbligo di nomina dell’organo di controllo o del revisore cessa quando, per tre esercizi consecutivi, non è superato nessuno dei limiti.

L’ultima versione del decreto rivede il periodo di tempo per l’adeguamento degli statuti stabilendo che ci saranno 9 mesi a disposizione, a fare data dall’entrata in vigore

Amministratori

Responsabilità più severa per i manager

Si responsabilizzano maggiormente gli amministratori rispetto agli obblighi di conservazione del patrimonio sociale: si prevede infatti espressamente che rispondono verso i creditori quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti.

Introdotto poi un criterio di liquidazione dei danni per il mancato rispetto dell’obbligo di gestire la società, dopo l’avverarsi di una causa di scioglimento, per garantire integrità e valore del patrimonio. La norma risolve, anche in funzione deflattiva, il contrasto giurisprudenziale esistente in materia e l’oggettiva difficoltà di quantificare il danno in tutti i casi, nella pratica molto frequenti, in cui mancano le scritture contabili o sono state tenute in modo irregolare. Interessate tutte le azioni di responsabilità, anche quando siano state promosse senza che si sia aperta una procedura concorsuale

I gruppi

Procedura unitaria per le holding

Obiettivo della riforma è consentire lo svolgimento di una procedura unitaria per la trattazione dell’insolvenza delle società del gruppo, cosa sinora esclusa. È prevista la presentazione di un’unica domanda di accesso alle procedure di concordato preventivo o di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti quando la crisi o l’insolvenza ha investito imprese appartenenti al medesimo gruppo. Resta aperta, in presenza di una domanda unitaria, la scelta tra la predisposizione di un unico piano di concordato pure unitario o di piani diversi, ma reciprocamente collegati, con la necessità di esplicitare le ragioni della scelta in funzione del miglior soddisfacimento dei creditori. La domanda deve contenere informazioni analitiche sulla struttura del gruppo e sui vincoli partecipativi o contrattuali esistenti tra le imprese del gruppo e deve essere allegato il bilancio consolidato

ESDEBITAZIONE

Ammesse anche le società

Riformata la disciplina dell’esdebitazione, cioè della liberazione dai debiti residui. Anzitutto, il debitore potrà chiederla subito dopo la chiusura della procedura di liquidazione giudiziale o, in ogni caso, trascorsi tre anni dall’apertura della procedura. I presupposti perché l’istituto sia applicato dal giudice sono la collaborazione con gli organi della procedura e l’assenza di frode o malafede; per le insolvenze di minore portata, l’esdebitazione si applicherà di diritto, fatta salva per i creditori la possibilità di proporre opposizione dinanzi al tribunale. Anche le società saranno ammesse al beneficio della liberazione dai debiti residui nei confronti dei creditori non soddisfatti nell’ambito della procedura concorsuale dopo la verifica dei presupposti di meritevolezza degli amministratori e, nel caso di società di persone, dei soci

Curatori

Al via l’Albo con ingresso agevolato

Istituito l’Albo unico nazionale dei soggetti destinati a svolgere le funzioni di curatore, commissario giudiziale o liquidatore e previsti i requisiti di onorabilità che gli stessi debbono possedere, oltre che un obbligo di aggiornamento biennale. Si vuole così garantire che il conferimento degli incarichi avvenga a favore di soggetti di comprovata professionalità e di specchiata onestà.

Nella fase iniziale possono ottenere l’iscrizione anche i soggetti in possesso dei requisiti che documentano di essere stati nominati, alla data di entrata in vigore, in almeno 4 procedure negli ultimi 4 anni, curatori fallimentari, commissari o liquidatori giudiziali. Nell’assegnaizone degli incarichi vanno assicurate trasparenza e turnazione, valutata la esperienza richiesta dalla natura e dall’oggetto della procedura

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