Il divorzio facile non piace agli italiani

Le riforme per ridurre i tempi della giustizia civile si susseguono da anni, ma la nostra posizione nelle classifiche relative alla durata dei processi non migliora. Nel settembre scorso è stata la volta del decreto sulla «degiurisdizionalizzazione», terribile neologismo per indicare una strada: indurre le parti a trovare un accordo fuori dalle aule giudiziarie e togliere alcuni fascicoli dalle scrivanie dei giudici. La riforma è stata giudicata dal governo a tal punto urgente da richiedere l’adozione di un decreto, che presuppone che si adottino misure urgenti che si reputano immediatamente efficaci. Un ruolo importante, secondo il governo, avrebbe dovuto avere l’introduzione della negoziazione assistita nei conflitti coniugali. Per ora non ha funzionato! La percentuale di negoziazioni assistite di separazione e divorzio è insignificante rispetto al totale delle procedure discusse in tribunale. Perché? La risposta è semplice. La riforma non ha affatto creato un nuovo strumento per facilitare il raggiungimento di accordi stragiudiziali nei conflitti familiari (come invece si sarebbe potuto fare guardando ad alcune esperienze straniere), ma si è limitata a prevedere una strada alternativa per formalizzare la separazione o il divorzio di coloro che sono comunque pronti ad una soluzione consensuale. Inoltre coniugi che raggiungono un accordo (che non sono affatto aumentati dopo la riforma) non hanno alcun interesse a seguire la nuova procedura. La vecchia separazione consensuale è infatti rapida (un paio di mesi nei tribunali più efficienti) e poco costosa. La procedura di negoziazione assistita richiede invece necessariamente due avvocati (su cui gravano responsabilità notevoli) e la fase di controllo che spetta al pubblico ministero presenta incertezze applicative che derivano dalla sua cattiva formulazione. Le poche negoziazioni assistite che sono comunque state effettuate non hanno fatto risparmiare neppure un’ora di lavoro alla macchina della giustizia. Il tempo che nella procedura tradizionale viene impiegato dal tribunale per verificare l’accordo raggiunto dai coniugi viene comunque speso, nelle procedure di negoziazione assistita, dal pubblico ministero che è pur sempre un magistrato. Anzi, la riforma ha creato più lavoro di quanto ne faccia risparmiare: per gestire le poche decine di procedure di negoziazione assistita che sono state presentate, le procure hanno dovuto formare il personale, organizzare gli uffici, dotarsi di strumenti informatici. Uno sperpero di risorse pubbliche per creare un doppione della struttura che continua ad operare in tribunale! Molto successo ha avuto invece in questa fase iniziale il divorzio pronunciato dal sindaco, pure introdotto dalla riforma. Anche qui la spiegazione è facile: divorziare davanti al sindaco non costa nulla perché i coniugi possono farlo anche senza avvocato. Comunque l’impatto positivo sui tempi della giustizia è molto limitato: sono infatti pochi i coniugi che possono accedere a questa possibilità (solo quelli senza figli e senza questioni economiche da definire) e vengono tolte al tribunale procedure che richiedono una sola udienza, sempre rapidissima. Il vantaggio per coloro che si avvalgono di questa possibilità è comunque evidente e gli avvocati perderanno un po’ di lavoro.

Articolo su La Stampa – 10.02.15

Carlo Rimini

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