Il Sole 24 Ore – Antonello Cherchi Bianca Lucia Mazzei
Un avvocato chiede per telefono come acquisire una sentenza appena pubblicata. In tempi di processo telematico, si aspetta che tutto possa avvenire online. Così accade, ma con un passaggio intermedio che la dice lunga sulla pervicacia della carta. Gli viene, infatti, detto che deve compilare una richiesta cartacea, da inviare, insieme a una marca da bollo da due euro, con raccomandata. Nella richiesta va indicata la mail dove ricevere la sentenza. Che effettivamente dopo arriva.
Anche questo è un paradosso dell’impianto del processo telematico. In questo caso, di quello tributario. Quello amministrativo , però, non è da meno. In questi giorni il Pat è alle prese con le proteste degli avvocati per la copia di cortesia. I legali si aspettavano di vederla scomparire dal primo gennaio e invece il decreto legge Sicurezza l’ha resa perenne.
Con l’aggravante che alcuni presidenti di Tar chiedono che il fascicolo cartaceo – a cui restano affezionati i magistrati meno avvezzi al telematico – contenga non solo gli atti processuali, come prevede la norma, ma anche il resto della documentazione del ricorso. E in alcuni Tar, la mancanza impedisce la fissazione dell’udienza.
«Siamo ancora nel mondo di mezzo – afferma Umberto Fantigrossi, presidente di Una, l’Unione degli avvocati amministrativisti -, una situazione che prevede per noi doppi adempimenti e smorza gli innegabili vantaggi del Pat».
Per Filippo Lubrano, presidente della Società italiana avvocati amministrativisti «gli inconvenienti e i benefici si compensano. Certo la copia di cortesia diventa un peso soprattutto in un giudizio presso un Tar diverso dalla sede del proprio studio: bisogna predisporla e anche spedirla via posta».
Con un emendamento al decreto legge Semplificazioni si è tentato di cancellare la copia di cortesia, ma la modifica è stata ritenuta inammissibile. Gli avvocati contano ora in un disegno di legge ad hoc.