Intervista al Ministro Bonafede «Pm in politica, daspo ai corrotti: la mia riforma»

Corriere della Sera – 

Al primo incontro con il Consiglio superiore della magistratura, il neoministro della Giustizia Alfonso Bonafede annuncia che il nuovo governo vuole impedire «per legge» che una toga entrata in politica possa tornare a fare il pubblico ministero o il giudice. Ma è davvero una priorità, visto che al momento i magistrati in Parlamento sono solo tre?

 

«Non è una questione di priorità, ma di principio. Vogliamo ristabilire dei confini chiari, per sottolineare che la magistratura e le altre istituzioni svolgono il proprio ruolo in costante confronto tra loro, ma rimanendo ciascuno nell’ambito del proprio settore di competenza».

 

Il testo è già pronto?

 

«Avevamo presentato un testo nella scorsa legislatura dal quale si può ripartire, ma poi applicherò ciò che nel mio piccolo chiamo il “metodo Bonafede”: per realizzare i punti del contratto di governo faremo il passo iniziale con i parlamentari dei gruppi di maggioranza, e poi con il Parlamento nel suo insieme».

 

A proposito di magistrati “fuori ruolo”: come mai, dopo tanto parlare, non ha dato incarichi al pubblico ministero Di Matteo?

 

«Non voglio entrare nel merito di nomi e delle scelte fatte per gli incarichi assegnati. Posso però dire che ho dei progetti di collaborazione tra il ministero e magistrati antimafia tra i quali il dottor Di Matteo, se lui ovviamente sarà d’accordo».

 

Al Csm ha parlato anche di nuove norme per il contrasto alla corruzione. Che cosa non va in quelle attuali?

 

«Credo che la magistratura non abbia sufficienti strumenti. Servono gli agenti sotto copertura e il Daspo per i corruttori: se sanno che non potranno più avere rapporti con la pubblica amministrazione ci penseranno mille volte prima. E poi un aumento delle pene».

 

Molti magistrati temono che gli agenti sotto copertura diventino agenti provocatori.

 

«Faremo in modo che il confine tra queste due figure sia ben chiaro. È vero che nella corruzione l’utilizzo dell’agente presenta delle complessità, ma può essere utile e non vogliamo rinunciarci. E poi si possono aumentare le pene».

 

Che sono già cresciute.

 

«Forse non abbastanza».

 

Di corruzione è accusato l’avvocato Luca Lanzalone, che proprio lei ha presentato a Virginia Raggi per una collaborazione con il Comune di Roma. S’è sentito deluso, tradito, o crede sia vittima di un errore giudiziario?

 

«Ogni politico, e a maggior ragione il ministro della Giustizia, deve avere il massimo rispetto per l’azione della magistratura che farà tutte le necessarie verifiche. Sono in attesa di conoscere la verità, e anche per esprimere sentimenti o opinioni devo prima conoscere i fatti accertati. Quanto ai miei rapporti passati con Lanzalone, ho già detto quello che dovevo dire».

 

Gli avvocati, e qualche magistrato, l’accusano di una cattiva gestione dell’emergenza del palazzo di giustizia di Bari.

 

«Abbiamo appena firmato un accordo per una soluzione temporanea se prima del 30 settembre non avremo trovato e reso operativa una sede alternativa. Ma il decreto legge che sospende le attività e i termini processuali era necessario per far cessare lo scandalo della tendopoli e nessuno, quando sono stato a Bari, ha alzato una voce contraria».

 

Invocano un commissario straordinario.

 

«Non capisco a che possa servire, se c’è un ministro che se ne occupa ogni giorno con un’apposita task force. Io non voglio entrare nella logica dell’emergenza e dei lavori in deroga alle leggi, che ha già fatto troppi danni e messo l’Italia in ginocchio. Io voglio la legalità ordinaria, anche di fronte a un’emergenza come questa».

 

Sulle intercettazioni ha già annunciato lo stop alla riforma Orlando. E dopo?

 

«Dopo, cioè subito, ci occuperemo di modificarla visto che è criticata da tutti, avvocati e magistrati. Ho già scritto ai ventisei procuratori distrettuali d’Italia per chiedere loro che cosa non va della legislazione vigente e della riforma che bloccheremo. Poi seguirò il “metodo Bonafede”».

 

Nel contratto di governo c’è pure la legittima difesa; non la preoccupa che 4 italiani su 10 vorrebbero norme più semplici per tenere un’arma in casa?

 

«Lo Stato fa dei controlli su chi è autorizzato a detenere un’arma, e se necessario saranno ancora più rigorosi. Ma sulla legittima difesa c’è una zona d’ombra su cui bisogna intervenire. Le indagini dei magistrati su chi spara anche per difendersi si devono fare sempre, ma non può essere che un cittadino debba affrontare tre gradi di giudizio perché la norma non è del tutto chiara».

 

Su questo e altri temi, non la imbarazzano le continue esternazioni di Salvini?

 

«Sulla giustizia non mi risulta che abbia detto parole fuori posto, e con i gruppi parlamentari leghisti i primi contatti sono stati positivi e proficui».

 

Anche sulle carceri bloccherete la riforma della precedente maggioranza. Per modificarla come?

 

«Premesso che il principio costituzionale del reinserimento del condannato resta per me la stella polare, quella riforma mina alla base il principio della certezza della pena, perché permette ad alcuni di non scontare in carcere nemmeno un giorno».

 

Ma senza automatismi, e sempre dopo la valutazione di un giudice.

 

«Quella riforma, che su altri aspetti è positiva, ha allargato troppo il perimento della discrezionalità. C’era una finalità deflattiva che non possiamo accettare. Non mi interessa diminuire il numero dei detenuti, ma garantire loro il rispetto della dignità anche in carcere».

 

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