Il Sole 24 Ore – Patrizia Maciocchi Giovanni Negri – Avvio della fase 2 all’insegna delle polemiche. E i tribunali non fanno eccezione. Si parte in ordine sparso, affidando ai capi degli uffici il compito di allargare le maglie dell’attività giudiziaria, limitata nella fase 1 alle udienze indifferibili. Con la possibilità di scegliere in un ventaglio di misure logistiche e organizzative. Il risultato è che sono oltre 200 i provvedimenti che dettano le linee guida. Un numero che ha indotto l’avvocatura, a proclamare lo stato di agitazione, per invocare una disciplina omogenea, in assenza della quale anche le udienze da remoto rischiano di non potersi svolgere.
Rincarano la dose i penalisti che in una lettera a ministro della Giustizia e Csm mettono nel mirino quella che sta emergendo come una prassi diffusa e cioè l’interpretazione da parte della magistratura della fase 2, di un periodo cioè di oltre 2 mesi e mezzo, come caratterizzato da un’ulteriore e corrispondente sospensione dei termini. Con la conseguenza di rinvii delle udienze pressoché in automatico e anche al 2021.
L’avvio “a macchia di leopardo” produce anche, sottolineano le Camere penali, situazioni paradossali dove, a fronte di aree geografiche nelle quali il contagio è molto vicino a zero, i processi si rinviano minimo a settembre, in altre, a Milano per esempio, dove l’emergenza è lontana dall’essere passata, il presidente del tribunale ha emesso linee guida che impongono rinvii per non più di 15 giorni, per rendere più agevoli future revoche della sospensione.
L’Anm, da parte sua, mette nel mirino l’incomprensibilità delle norma, prevista dalla versione finale del decreto Cura Italia per quanto riguarda le udienze civili, che obbliga alla presenza in ufficio anche magistrati che potrebbero svolgere la loro attività da remoto.
E questo facendo in questo modo aumentare il rischio di esposizione al contagio nei confronti delle toghe. Il tutto in un contesto «di strutturale e annosa inadeguatezza» delle sedi giudiziarie quanto a rispetto delle regole minime di sicurezza.
Di più. Per l’Anm a mancare sono anche misure sul piano organizzativo che consentano al personale amministrativo di potere accedere ai registri da remoto. Nella situazione attuale, infatti, lo smart working, sia pure largamente praticato, è in buona misura «improduttivo».
Delle differenze che da oggi caratterizzeranno l’amministrazione della giustizia è istruttiva una ricognizione nelle sedi giudiziarie.
A Napoli l’ordine degli avvocati revoca la sua adesione al protocollo, sottoscritto con il Tribunale, il 28 aprile scorso , in polemica con l’organizzazione: dalla gestione distaccata di Ischia, al rifiuto di trattare i processi con la presenza degli imputati liberi. Diverso il parere delle toghe «I capi degli uffici – dice Marcello De Chiara segretario dell’Anm di Napoli – hanno avuto il difficile compito di bilanciare la tutela della salute con il diritto alla giustizia. Il risultato è equilibrato, a partire, dal numero di procedimenti possibili ad udienza: non più di tre per il collegiale e massimo 5 per il monocratico». Ma se l’ordine degli avvocati di Napoli fa un dimostrativo passo indietro dall’accordo, quello di Palermo istituisce un osservatorio misto, avvocati- magistrati, fino al 31 luglio, per monitorare le misure organizzative e, in caso, correggere la rotta. Countdown a Milano, dove si riparte, dando il via libera anche ad udienze meno urgenti ma rigorosamente a porte chiuse. Pronta in ogni sezione penale un’aula per i processi in videoconferenza con l’ok del difensore. A Roma riavvio graduale ma in “crescendo” , se i dati del contagio lo permetteranno. Alle urgenze si uniscono i processi senza dibattimento, seguiti dai reati di genere. Nel civile il criterio è quello dei più “datati” o in cui ci sono in gioco diritti fondamentali.
Protocollo speciale a Torino per le procedure concorsuali e le crisi da sovraindebitamento. Gli avvocati potranno inviare note scritte, nel caso ci siano da adottare provvedimenti, con un contraddittorio assicurato con il Pm, con l’invio degli atti via Pec o e-mail dalla cancelleria al suo ufficio.
A Genova, non ci sono aule disponibili per la terza sezione, che tratta diritti reali, dunque fino al 30 giugno udienze da remoto, con l’eccezione del presidente facente funzioni che mette a disposizione la sua stanza.