La Giustizia e i tre nodi da sciogliere

La Stampa – È entrata nel linguaggio politico la brutta espressione «giustizia alla Palamara» popolarizzata dal leader della Lega Matteo Salvini. Con questa locuzione si intende in modo spregiativo far riferimento ad una magistratura traffichina (se non corrotta) e politicamente motivata, rifacendosi ai noti scandali che hanno visto coinvolto, tra gli altri, l’ex presidente dell’Anm. Ovviamente non siamo più ai tempi di Tangentopoli, quando i giudici godevano di un forte consenso popolare. PAGINA Però la caduta di prestigio e il dileggio che si indirizza verso il Terzo Potere è molto pericoloso: in primis perché la sfiducia nell’autorità giudiziaria imbarbarisce la società e spaventa gli investitori. In secondo luogo perché tende a far di ogni erba un fascio screditando migliaia di magistrati perbene e competenti. Tuttavia, che in Italia ci sia una “questione giustizia” è innegabile e credo si possa ricondurre ad un triplice ordine di problemi. Il primo è l’inefficienza: la lunghezza dei processi e l’imprevedibilità delle sentenze affliggono sia la giustizia civile che quella penale benché la colpa non sia solo dei togati. Il secondo è l’autoreferenzialità che ha trasformato il Csm in un organo costituzionale dove si parla troppo di promozioni non legate al merito ma all’appartenenza correntizia e che viene percepito come lento o distratto nel sanzionare i magistrati incapaci o maliziosi. Il terzo è la commistione tra magistratura inquirente e giudicante, che non assicura a quest’ultima quantomeno la necessaria “imparzialità d’animo” rispetto a dei colleghi con i quali si frequentano, ad esempio, le stesse correnti, sindacati e organi costituzionali. Naturalmente non parliamo di problemi ignoti alla politica italiana, ma ora siamo forse a un momento di tale gravità e di iniziative che prescindono da scontri politici (tipo le epiche tenzoni Berlusconi-Pool di Milano) che si potrebbe arrivare ad una svolta. Partiamo dalla separazione delle carriere. L’Unione delle Camere Penali ha proposto una modifica costituzionale, in discussione in Parlamento, che pur mantenendo l’assoluta indipendenza dell’ordine giudiziario, istituisce però due percorsi di carriera separati e due Csm, uno per i Pm, l’altro per i giudicanti. Il disegno di legge si può migliorare laddove prevede che metà del Consiglio sia composto da giuristi nominati dalla politica: prima di tutto poiché in un organo come il Csm, che determina nomine e trasferimenti, non c’è bisogno solo di pandettisti ma anche di esperti di organizzazione e risorse umane. Inoltre, si può fare ricorso alla società civile senza passare solo per la politica. Un componente nominato dalla conferenza dei rettori, uno dal Consiglio Nazionale Forense, uno dal Consiglio del Notariato e così via, ad esempio, assicurerebbe competenza e meno politicizzazione. Sull’autoreferenzialità è ottima la recente proposta del Partito Democratico (lo so, sembra strano, maè così) che prevede di separare la sezione disciplinare dal Csm ed istituire un’Alta Corte indipendente che deliberi sui procedimenti disciplinari riguardanti i magistrati. Basta con accuse di favoritismi o tolleranza: chi si onora di essere terzo, deve poter essere giudicato con terzietà. Quanto alle promozioni, oggi non ci sono i requisiti per esaminare efficacia e competenza dei togati, se non una revisione quadriennale del loro operato dal quale solo il 2% esce con una valutazione negativa: una stortura, tanto che qualche anno fa l’allora ministro Orlando propose di integrare i consigli giudiziari che emettono le valutazioni perlomeno con degli avvocati: bocciato. Infine l’efficienza. Su queste colonne con Carlo Cottarelli abbiamo illustrato una serie di correttivi, rivolti alla giustizia civile, ma che potrebbero funzionare per tutti: preparazione gestionale dei giudici; potere direttivo del Presidente del Tribunale che possa avere dirigenti-manager; spazio a esperti di amministrazione; rientro dei magistrati in forza ai ministeri; criteri di valutazione degli uffici. Abbiamo bisogno di una magistratura imparziale e competente, autorevole e rispettata: è la base di ogni ordinamento civile, prospero e democratico. Speriamo che non prevalga lo spirito corporativo, il migliore alleato del populismo dileggiante.

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