La madre biologica resta sconosciuta se ci sono altri figli


 Il Sole 24 Ore, Antonino Porracciolo – Il diritto dell’adottato di conoscere, dopo il decesso della madre biologica, le proprie origini trova un limite nella presenza di altri figli della stessa donna. 
È questa la conclusione a cui è giunto il Tribunale per i minorenni di Genova(presidente e relatore Luca Villa), in un decreto dello scorso 23 maggio.
Il caso 
Il procedimento ha riguardato l’istanza, presentata da una donna oggi ultrasessantenne, di accesso alle informazioni sull’identità della propria madre naturale, che al momento del parto aveva dichiarato di non consentire a essere nominata. La ricorrente, a cui un’analoga richiesta era stata respinta nel 2011, ha quindi proposto una nuova domanda in base alla sentenza 278/2013 della Corte costituzionale; pronuncia con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’articolo 28, comma 7, legge 184/1983, nella parte in cui non si prevedeva la possibilità per il giudice di interpellare, su richiesta del figlio, la madre che al momento del parto avesse dichiarato di non voler essere nominata, «ai fini di una eventuale revoca di tale dichiarazione».
Il giudice ligure fa anche riferimento alla sentenza 6963/2018 della stessa Corte, secondo cui l’adottato ha diritto di conoscere non solo l’identità dei propri genitori biologici, ma anche quella delle sorelle e fratelli biologici adulti, «previo interpello di questi ultimi mediante procedimento giurisdizionale idoneo ad assicurare la massima riservatezza». Ma si trattava, sottolinea il tribunale, di una vicenda in cui il ricorrente «non era stato partorito da donna che intendeva rimanere anonima».
Nel caso in esame, il giudice aveva acquisito la cartella clinica relativa alla nascita della ricorrente; le verifiche istruttorie avevano così consentito di accertare che la madre della stessa ricorrente aveva avuto altri due figli (una dieci anni prima e un altro alcuni anni dopo la nascita della istante), e che la donna era deceduta prima dell’inizio del procedimento.

Il “no” del tribunale 
Si tratta di una situazione di fatto che, secondo il tribunale, non consente l’accoglimento della domanda, neppure per rivelare alla ricorrente le generalità della sola madre, tacendo quelle dei fratelli; ciò perché per la ricorrente sarebbe comunque «assai semplice» individuare gli altri figli della propria madre e poi contattarli.

Né il tribunale può consultare gli altri fratelli per verificarne la volontà di rivelare alla sorella le proprie generalità. Infatti, i fratelli potrebbero essere interpellati solo «in presenza di elementi certi dai quali desumere che gli stessi siano a conoscenza della vicenda adottiva» della loro sorella. «Ma tale dato – si legge nel decreto – non è desumibile in alcun modo nella vicenda in esame, perché l’unico soggetto depositario di tale possibile “segreto” è la madre ormai deceduta». E sono facilmente comprensibili le «gravi ricadute psicologiche» del fatto di svelare a una persona la scelta della propria madre di non riconoscere un altro figlio, così «mandandolo in adozione».

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