L’avvocato di cittadinanza fa saltare i conti di Bonafede

Libero – 

l costo dei legali pagati dallo Stato per difendere gli indigenti continua a lievitare, costringendo il ministero della Giustizia ad indebitarsi
In attesa del reddito che ha qualche difficoltà a venire fuori, è arrivato l’avvocato di cittadinanza. A darne notizia al Parlamento è stato qualche giorno fa il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, nella tradizionale relazione sullo stato delle spese di giustizia dal primo luglio 2017 al 30 giugno 2018. Un documento che illustra in gran parte quel che ha combinato al ministero il suo predecessore, Andrea Orlando, che è stato in carica fino al maggio scorso. E che fa capire come al deficit pubblico fosse affezionato da tempo anche il Pd che oggi se ne lagna. Nel 2017 infatti il ministero della Giustizia aveva una dotazione prevista di circa 472 milioni. Ne ha spesi circa 74 in più, contraendo quelli che tecnicamente vengono chiamati “debiti fuori bilancio”. Nel 2018 lo stanziamento per la giustizia era di 472,7 milioni, e sulla base della spesa consuntivata nel primo quadrimestre si è già sicuramente fuori come proiezione a fine anno di 50-60 milioni, che anche in questo caso diventano debiti. Ad avere fatto saltare i conti in questo modo notevole (succedesse in tutte le amministrazioni pubbliche, altro che deficit/Pil al 2,4%!) è la «spesa in costante aumento, essenzialmente imputabile ai costi crescenti della spesa per i difensori di soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato». Eccolo, l’avvocato di cittadinanza: è l’avvocato di ufficio che viene concesso dallo Stato ai meno abbienti che finiscono nei guai.
REDDITO IMPONIBILE Ogni due anni con decreto ministeriale si varia il limite massimo di reddito imponibile sotto cui si può avere l’avvocato di ufficio. Il 16 gennaio scorso questa cifra massima è stata portata a 11.493,82 euro l’anno, poco più di 900 euro lordi al mese. Dal 2012 ad oggi a dire il vero quel limite non è particolarmente variato (mai stato sotto gli 11.300 euro lordi annui), eppure la spesa statale per l’avvocato di cittadinanza è aumentata a dismisura: 178 milioni nel 2012; 215 nel 2015; 271 nel 2016 e addirittura 323 milioni nel 2017, con il 2018 che si preannuncia ancora più largo. Quasi raddoppiato in un lustro. E siccome la differenza non è dovuta ai cento euro in più o in meno, questo significa che la platea di cittadini che hanno bisogno di un avvocato di cittadinanza si è allargata molto. Per tutti e due i motivi che si possono immaginare: in tempi di crisi e perdita di lavoro c’è più gente che scende sotto quel tetto reddituale e quindi ha il diritto di farsi pagare dallo Stato un avvocato, ma soprattutto c’è più gente povera che litiga con la legge compiendo reati più o meno allarmanti. Anche Bonafede allarga le braccia, allontana da sé la fama dello sfondone che i dati suggeriscono e punta il dito sugli “allegri” tribunali: «le spese di giustizia», spiega difendendosi, «derivano direttamente dall’esercizio della attività giurisdizionale da parte della autorità giudiziaria, sulla quale questa amministrazione non può in alcun modo interferire. Giova ricordare che tali spese hanno natura obbligatoria e che i relativi parametri di erogazione sono regolati a norma di legge, ragione per cui eventuali risparmi possono essere conseguiti soltanto con l’adozione di provvedimenti normativi».
INTERCETTAZIONI Se l’avvocato di cittadinanza è stato così utilizzato da avere mandato in tilt i conti della giustizia italiana, la spesa per intercettazioni per una volta non ha sfondato di molto le previsioni, attestandosi di poco al di sopra dei previsti 230 milioni nel 2017 e confermando il dato nel tendenziale del 2018. Si è speso più del 2016, quando le intercettazioni costarono 205 milioni (il minimo storico del decennio), ma sul 2017-2018 ha impattato il costo di una transazione particolarmente favorevole al ministero sulle intercettazioni effettuate fino al 31 dicembre 2004 da Telecom e Telecom Italia Sparkle. Le due società avevano presentato un conto di 110 milioni, ma alla fine si sono accontentate dopo la bellezza di 14 anni del pagamento in due rate di 20 milioni…

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