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Libero – BRUNO FERRARO* –
La digitalizzazione è stato uno degli obiettivi primari degli ultimi governi ed è considerata una necessità del Paese, per essere al passo dei tempi e dei Paesi più avanzati in tale campo. È ancora da capire però se e in che misura è perseguibile nel settore giudiziario, stante la peculiarità dei nostri sistemi processuali. Negli anni Settanta un consulente tecnico giustificava la scrittura a mano e non a macchina della relazione affermando a giustificazione l’intento «di non far conoscere i segreti della giustizia alla sua segretaria»! Personalmente, da presidente del Tribunale di Cassino, con la determinante collaborazione di un giovane magistrato e di un cancelliere autodidatta, realizzai a metà degli anni novanta il primo sito internet di un ufficio giudiziario italiano: attuammo anche il primo esempio di un’udienza tenuta dallo stesso magistrato stando a casa, con gli avvocati in tribunale, ma, dopo dieci anni e quando da cinque ero andato a dirigere un altro tribunale, figuravo ancora per mancato aggiornamento come presidente a Cassino! Ho citato i due episodi per sottolineare che l’informatizzazione ha suscitato un grande fascino sui pionieri; da tempo è una filosofia sposata da tutti o quasi; consente di automatizzare i flussi informativi e documentali tra utenti esterni (avvocati, consulenti) ed uffici giudiziari; rende possibile per gli avvocati depositi ed iscrizioni a ruolo in modo automatico; velocizza i tempi di esecuzione delle attività manuali dei cancellieri. Tutto questo si è reso possibile in conseguenza degli interventi operati dal ministero della Giustizia a partire dal 2001, passando per l’istituzione nel 2009 della posta elettronica certificata (Pec) per la trasmissione degli atti processuali, le comunicazioni e le notificazioni degli atti; con la legge di stabilità del 2013 si è dato corso, a partire dai fascicoli iscritti dopo giugno 2014, all’obbligtorio invio degli atti processuali. La connessione in rete di tutti gli uffici giudiziari (cosiddetta Rug) e la soluzione dei fondamentali problemi di sicurezza e protezione dei dati hanno richiesto costi notevoli ed impongono oneri economici non indifferenti per gestione e manutenzione. Puo essere non lontano il traguardo della totale dematerializzazione dei fascicoli processuali, con la completa sparizione del cartaceo. E allora, perché restano dubbi e perplessità? Disservizi, instabilità del sistema, carenza di assistenza, mancanza di un ufficio del giudice, mancanza di disciplina dei limiti di lunghezza degli atti di parte e relativi allegati, persistenza del vecchio attaccamento al cartaceo, non ancora attuata revisione di molte norme processuali non più compatibili con la realtà telematica. sono problemi di carattere tecnico-gestionale sui quali massimo dovrà continuare ad essere l’impegno del ministero. Alle perplessità appena accennate ne aggiungo due più di principio. La qualità degli atti giudiziari, in particolare i provvedimenti dei giudici, ne risulterà diminuita, anche per il comodo adagiarsi su interpretazioni consolidate attraverso il copia-incolla? Per gli atti del civile e per il processo penale in cui conta il contatto diretto con i soggetti interrogati (imputati e testimoni), come temperare la rigidità della digitalizzazione?
*Presidente aggiunto onorario Corte di Cassazione