Mutui, esdebitazione con preintesa

Il Sole 24 Ore, di Angelo Busani –

Resiste la normale procedura espropriativa per inadempimenti nel pagamento delle rate

In caso di inadempimento del mutuatario (che sia una persona fisica che stipula il mutuo per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta), solo per effetto di una clausola ad hoc inserita nel contratto di mutuo all’atto della sua stipula, la banca matura la possibilità (invece di percorrere, la tradizionale strada dell’esecuzione forzata dell’immobile ipotecato per soddisfare le proprie ragioni di credito) di ricorrere alla nuova procedura della esdebitazione del mutuatario conseguente alla vendita “diretta” dell’immobile gravato da ipoteca effettuata dalla banca stessa.
Occorre infatti sottolineare che il Dlgs 21 aprile 2016, n. 72 (in attuazione della direttiva 2014/17/Ue pubblicata in Gazzetta ufficiale il 20 maggio scorso) non introduce una metodologia di soddisfazione del credito della banca sostitutiva della “normale” procedura espropriativa: resta infatti fermo che, in caso di inadempimento del mutuatario protratto per almeno sette volte, la banca può chiamare al rientro il mutuatario moroso e che, in caso di riscontro negativo (come normalmente accade), la banca può dar corso al pignoramento e alla conseguente vendita forzata dell’immobile ipotecato in danno del debitore (la quale, beninteso, non ha effetto esdebitativo del mutuatario moroso, in quanto, se il prezzo ricavato non si riveli sufficiente a pagare l’intero credito della banca, il debitore rimane obbligato per la differenza).
La nuova norma (che introduce l’articolo 120-quinquiesdecies del Tub), infatti, affianca a questo scenario un nuovo sistema di soddisfazione del credito della banca mutuante: se il cliente è inadempiente per un importo di almeno 18 rate e ha consentito (stipulando il contratto di mutuo) che, in tal caso, la banca possa effettuare la vendita della casa sottoposta a ipoteca, ciò ha l’effetto di esdebitare completamente il mutuatario moroso. Infatti, il potere della banca di vendere la casa del cliente, secondo la nuova normativa, non deriva dalla legge (come nel caso del “prestito vitalizio ipotecario” che configura una sorta di mandato ex lege alla banca di vendere la casa del mutuatario), ma da un accordo in tal senso che la banca abbia appunto raggiunto con il cliente alla stipula del mutuo. Questa clausola dovrebbe provocare l’esdebitazione del cliente con almeno tre modalità operative (e, quindi, fatte salve tutte quelle soluzioni che l’inventiva professionale solleciterà, trattandosi di materia rimessa alla individuale contrattazione tra banca e cliente):
a) la «restituzione» della casa alla banca da parte del cliente, espressione (contenuta nella nuova normativa) che pare doversi interpretare nel senso che la banca ottenga, in sede di stipula del mutuo, una sorta di opzione call (ad intestarsi l’immobile in proprio, evidentemente pagando al mutuatario la differenza tra il valore peritato e l’importo del debito non adempiuto), sospensivamente condizionata all’inadempimento del mutuatario per un ammontare pari ad almeno 18 rate;
b) il «trasferimento del bene immobile oggetto di garanzia reale», espressione del legislatore che pare doversi interpretare nel senso che la banca acquisisca dal cliente, all’atto della stipula del contratto di mutuo, un mandato a vendere l’immobile, anch’esso sospensivamente condizionato all’inadempimento del mutuatario per un ammontare pari ad almeno 18 rate;
c) il «trasferimento dei proventi della vendita» dell’immobile oggetto di ipoteca, espressione legislativa che pare voler riferire l’esdebitazione del mutuatario al fatto che l’immobile (sempre per accordo tra mutuatario e banca) sia venduto dal mutuatario stesso secondo il valore di perizia, con l’intesa che il prezzo vada a beneficio della banca nella misura del credito da essa vantato.

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